Da quando interpreta le avventure “crime” di un personaggio televisivo bizzarro e straordinariamente fuori dal coro, Vanessa Scalera ha conquistato il grande pubblico. L’attrice pugliese presta il suo volto all’incorruttibile e ironico sostituto procuratore Imma Tataranni, protagonista dell’omonima fiction targata Rai1. Un personaggio nato dai gialli di Mariolina Venezia ambientati a Matera, divertente e pungente ritratto dell’Italia di oggi. Un successo di quelli che in carriera segnano un prima e un dopo. La talentuosa attrice fa le sue prime esperienze sul palcoscenico in teatro al fianco dell’inimitabile Johnny Dorelli. Il suo amore per il teatro è viscerale ma Vanessa si butta anche nel cinema: il suo primo film nel 2001 è “Mari del Sud”. Scelta da registi come Marco Bellocchio, Nanni Moretti e Marco Tullio Giordana, esordisce poi in tv, dove è stata Lea Garofalo nel film sulla storia vera della donna che seppe opporsi alla mafia a costo di morirne, madre di Denise che testimoniò contro il padre mandante dell’omicidio. Sono tappe cruciali nella sua carriera che ha scelto di raccontare in un incontro con il pubblico al Museo Nazionale del Cinema di Torino.
Dove ha inizio la tua storia?
Dai miei genitori che nel 1996 lasciano la provincia di Brindisi per andare a Roma. Sono due infermieri: mio padre molto taciturno, mia madre più convinta da me che li portai nella capitale proprio perché volevo studiare recitazione.
Cosa ricordi dei tuoi esordi e qual è l’autore che più hai amato?
Nei miei inizi sono andata nei peggiori bar di Roma (ride, ndr) portando in scena tante cose tra cui un testo che un ragazzo aveva scritto ispirandosi alle telefonate che facevo con mia madre: erano dei monologhi molto esilaranti. Ho fatto sempre tanto teatro ma credo sia Cechov l’autore che più ho amato, ho interpretato molte volte “Il gabbiano”.
Decisivo l’incontro con Marco Bellocchio.
Questo interesse per un’altra forma espressiva è nato proprio grazie a quell’incontro. Ho capito che c’era in me una voglia di set e con difficoltà ho tentato di intraprendere la carriera cinematografica e televisiva. Il teatro mi ha permesso di essere un po’ più vulnerabile mentre il percorso cinematografico è stato più duro: gli anni passano tra mille provini e tanti no ma ero fiduciosa che ci sarebbe stata una piccola possibilità.
Con Bellocchio il primo film è “Vincere”. Come è andata?
Bene perché i grandi come lui comunicano in modo semplice. “Vincere” è stata la mia esperienza personale più bella. Bellocchio subisce un fascino estremo per i suoi attori, li adora, li ama. Prima di iniziare a girare ci riunivamo con lui e parlavamo non di cinema ma di tutt’altro e lui ci deliziava con metafore meravigliose, con poche frasi sapeva dire tutto. Interpretavo una suora in un ruolo drammatico e lui mi incitava a capire la mia forza e mi diceva di donarmi, io non capivo che in realtà dovevo solo piangere.
Hai lavorato anche con Nanni Moretti. Che ricordo hai di lui?
È simpaticissimo ma è un preciso. Lavora in modo estenuante con trenta e più ciak a scena. Non ti dà margini di improvvisazione, vuole avere anche la virgola per come la sceneggiatura è stata scritta. Una volta pensai di potermi permettere un vocale e invece no. L’incontro con Nanni è stato speciale perché prima ero completamente impaurita, con lui sono passata dalla paura al divertimento e oggi molte scene forse le reciterei in modo diverso. La gavetta fatta con i grandi o ti schiaccia o ti tempra.
La svolta arriva con il personaggio di Imma Tataranni. Quanto pensi che sia così?
Onestamente è solo grazie a questa popolarità se oggi arrivo a progetti che prima non potevo neanche immaginare. Con una fiction Rai in prima serata si inizia a giocare in serie A. Il regista Francesco Amato mi ha fortemente voluta e ha convinto lui la produzione. Per un regista è sempre più semplice puntare su un grande nome e invece ha insistito per avermi. Dopo un lavoro estenuante, fatto di provini da gennaio a luglio in cui giravo sempre le stesse scene, magari solo con un cambio di look o di capelli. Io non ci credevo quasi più e invece Francesco vedeva nei miei occhi la luce di Imma e ha vinto lui. Non so quanti sarebbero stati così tignosi!
Intrepretare un ruolo che diverte è stata un’esperienza nuova.
Francesco Amato mi ha presa per mano e mi ha fatto respirare l’aria leggera della commedia in cui non mi ero mai cimentata. Ho scoperto un lato di me che non conoscevo e ora mi piace da impazzire la commedia. Dirò di più: nessuno ha messo zavorre a quel personaggio che è stato lasciato libero di essere meno edulcorato, anche nel modo di parlare. Imma quando parla non è molto fine, anzi tutt’altro. Questa scelta si è dimostrata vincente.
L’ironia è presente anche nel film “Diabolik” dove interpreti una segretaria infedele.
La mia è una piccola parte che nelle pagine scritte non c’era e che i registi hanno voluto inserire per omaggiare ulteriormente l’elemento femminile. Sono una donna che commette delle scorrettezze che poi pagherà. Lei non è diabolica ma tonta. Me la sono immaginata come una persona sola nella vita, senza affetti e mi sono divertita anche con i costumi. Sul set è stato uno spasso veder lavorare i due registi: sono come due ragazzini che bisticciano nella loro cameretta e noi attori abbiamo beneficiato di quello spirito. Eravamo tutti giovani sul set e la pausa pranzo a base di pane e salame e cose così aveva il sapore dei cinema fatto in casa, tra amici.
Tornando alla fiction, nella seconda stagione di Imma ritrovi lo stesso cast e lo stesso clima.
Siamo molto rodati: ci sono delle scene in cui ormai io e Carlo (l’attore Buccirosso che veste i panni del procuratore capo arrivato a Matera da Napoli, ndr) viaggiamo da soli. Abbiamo tenuto un ritmo forsennato. Lui riesce a riscrivere anche alcune scene del crimine, io invece faccio da supervisore sul caso e sulle ripetizioni: mi ricordo di battute già dette nella prima serie che quindi sono state cambiate.
Imma corre sulla scena del crimine indossando zeppe e abiti impensabili. Questo aspetto la caratterizza fortemente. Lei se ne frega di tutto e di tutti lo si vede anche nella scelta delle mise che indossa.
È libera, per questo piace a tutti. Già in scrittura Imma è descritta così, ma quella meravigliosa costumista che è Paola Marchesin ha davvero osato. Mi sono fatta manichino nelle sue mani senza mai oppormi, come è giusto che sia. Paola mi ha messo addosso delle robe improponibili e ho capito che la forza del personaggio poteva anche essere quella. Mi ha regalato un quadro con lo studio pop che c’era dietro a Imma, che va dalla moda anni ’80 a Madonna e David Bowie. Nella seconda stagione ci è andata giù ancora più pesante. È capitato di arrivare sul set e il regista ci faceva notare che avevamo esagerato. Una volta bocciò dei pantaloni pieni di strass sotto un giubbino di pelliccia e aveva ragione!
Siamo appena usciti dal fenomeno Sanremo, ti piace la musica?
Tutta. In questo momento, lo dico anche se potrei sembrare una ragazzetta, ho una passione sfrenata per Franco 126 (rapper romano, ndr). Sempre in questo periodo sto facendo uno studio sulla musica napoletana.
Forse per un prossimo progetto, nel frattempo dove ti vedremo?
Al cinema è in uscita da marzo “Corro da te” con il bravissimo Favino, Michele Placido e Miriam Leone. Sono in teatro con “Ovvi destini”, la storia di tre sorelle con Anna Ferzetti, Daniela Marra e Pier Giorgio Bellocchio. Faremo una piccola tournée. In televisione aspettiamo le ultime quattro puntate di Imma che non so quando andranno in onda.
Le aspettiamo anche noi!