Vite digitali post-pandemia


Intervista a Vittorio Pasteris, esperto di Comunicazione Digitale

La pandemia da Coronavirus scoppiata due anni fa ha letteralmente stravolto le nostre vite, rendendole più digitali, ma anche isolandoci dagli altri e riducendo i nostri rapporti sociali “in presenza”. Con l’arrivo dei vaccini le cose sono cambiate anche se siamo ancora alle prese con ripetute ondate pandemiche. Dalla passata estate si è cercato di “chiudere” il meno possibile e anche molte attività sociali sono riprese. In una presentazione libraria “in presenza” avvenuta nelle passate settimane, presso il Circolo dei Lettori di Torino, Massimo Canducci, (intervistato su TecnoFuturo in un numero passato) ha presentato il suo nuovo libro “Vite Aumentate”. Il giornalista che ha moderato l’evento, Vittorio Pasteris, è uno dei maggiori esperti di Comunicazione Digitale in Italia. Abbiamo avuto modo di incontrare e intervistare Vittorio, nei giorni successivi.

L’INTERVISTA

Vittorio, come sarà la comunicazione del domani?
La comunicazione sarà sempre più digitale e inclusiva. Dobbiamo uscire dagli schemi tradizionali, rendere la comunicazione che già è pervasiva sui media digitali sempre più semplice da comprendere e da decodificare. Un esempio è stato quello che è successo durante la pandemia da Covid-19. Ci siamo trovati con troppe fonti informative spesso apparentemente contrastanti e a volte facilmente manipolabili. Spesso troppo complesse e in troppa quantità. Un altro tema su cui dobbiamo lavorare molto è quello che riguarda la comunicazione sulla sostenibilità nelle tre declinazioni economica, sociale e ambientale, su cui ci giochiamo gran parte del futuro del nostro Paese e del pianeta.

Quale evoluzione vedi nell’editoria digitale?
Mi occupo di editoria online da 20 anni e l’ho vista crescere e invadere il mercato a partire dai classici giornali generalisti fino alle testate locali, dalla tecnologia all’ambiente. Oramai una percentuale altissima dei lettori dei giornali digitali usa lo smartphone come fonte prioritaria per leggere le notizie.
Una volta si partiva dalla home page del giornale preferito, ora tutta la navigazione è spezzettata fra social network, ricerche online, condivisioni di contenuti. Questo porta al grande rischio dell’infodemia, un neologismo che nasce dalla fusione dei termini info ed epidemia che rappresenta il diffondersi di notizie, sia corrette che tipo fake news, ma in grande quantità. A questo punto diventa difficile, se non si è competenti, capire la qualità dell’informazione e farsi una corretta opinione. Comunque, mai come oggi abbiamo a disposizione una così grande quantità di informazione. Ci manca una corretta media literacy, ovvero una competenza critica, che ci insegni a valutare le notizie per informarci.

I Social Network sono sempre più protagonisti delle nostre vite?
Una ricerca di Hootsuite uscita in questi giorni dice che nel mondo ci sono 4,62 miliardi di utenti attivi sui social network che passano in media 2h e 27′ spesi sulle varie piattaforme e i social media sono utilizzati dal 58,5% della popolazione mondiale. Questi dati possono già ampiamente descrivere la situazione. Siamo in un mondo globalizzato in cui i social influenzano le nostre vite. Il problema è che siamo un po’ troppo dipendenti dai social che sono entità sopranazionali che abitiamo gratuitamente, ma che vivono con i nostri dati aggregati. Se cominciamo ad essere consci di questa situazione abbiamo già fatto un grande passo avanti. Ci sono gli algoritmi che in maniera a noi ignota ci propongono contenuti e pubblicità correlati ai nostri gusti e alle nostre navigazioni. E poi ci sono gli haters, le liti online che troppe volte superano la decenza, ma che non sono altro che la trasposizione della violenza verbale che caratterizza i nostri tempi, e che richiedono ovviamente grande attenzione e sorveglianza. Se invece ragioniamo sui social come strumento di comunicazione aziendale è facile capire che siamo di fronte ad uno strumento molto potente, ma che va usato dosando bene i contenuti e scegliendoli in maniera mirata.

Qual è Il tuo rapporto con le banche e la finanza online?
Direi un rapporto buono, non sono un investitore che ama il rischio e penso un buon cliente delle banche, delle quali ho vissuto la trasformazione, che negli ultimi anni è stata impressionante. Anche le banche sono state rivoluzionate dal digitale e siamo in pieno mutamento con tutti gli strumenti del Fintech che stanno rivoluzionando l’approccio dei clienti e delle aziende ai servizi finanziari. Come moltissimi, sono anni che non vado in banca a fare operazioni e per tutto uso e-banking da computer e app da smartphone. Poi con la pandemia ho perso per un lungo periodo l’abitudine a usare il contante sostituito da bancomat, carte di credito e sistemi di pagamento digitale. Penso sia successo a molti una totale smaterializzazione del denaro supportata anche dal trovarci a comprare sempre più prodotti e servizi con e-commerce.

Cosa significa lavorare in remoto ai tempi del Covid-19?
La pandemia da Covid-19 è stata certamente l’evento più grave che ha caratterizzato la nostra generazione e che temo ci accompagnerà ancora per un bel po’. Abbiamo vissuto in poco tempo almeno quattro rivoluzioni generate dal digitale nel lavoro, nella scuola, nel commercio e nella fruizione dei media e dell’informazione. Il lavoro in remoto, che per molto tempo in Italia era rimasto una modalità quantitativamente di nicchia, è improvvisamente diventato un fenomeno di massa o quasi. I problemi che sono scaturiti sono diversi: i problemi legati alla banda larga e alla diffusione della connessione, la presenza nelle case di spazi adatti a lavorare in maniera tranquilla, i modelli organizzativi nelle aziende e l’abitudine di chi lavora a lavorare in situazioni diverse. In effetti però la sterzata verso il lavoro in remoto ha dimostrato che si può fare e quindi è un percorso che le aziende e gli enti ora devono affrontare concretamente. Per molti lavoratori quello che viene usualmente chiamato smart working è diventato da subito un modo molto produttivo e appagante di lavorare, per altri invece un grande problema. Stessa situazione per le aziende. Ora però penso che sia lavoratori che aziende si adegueranno trovando delle modalità ibride di concepire il lavoro perché il futuro e il presente oramai richiedono un approccio più sostenibile socialmente e ambientalmente.

Quale futuro nel lavoro di tutti noi?
Oggi parliamo spesso delle applicazioni dell’Intelligenza Artificiale come il futuro che verrà. L’uso combinato di IA e Big Data porterà a grandi cambiamenti nel gestire processi, organizzazione del lavoro, logistica, marketing, stili di vita. Altri mutamenti saranno causati dalla crescita dell’uso di robot o degli assistenti personali spesso con interfaccia vocale. Ma questi passaggi ridurranno drasticamente la forza lavoro intellettuale e anche quella manuale. E non funziona una possibile equazione che sostiene che il lavoro scomparso sarà sostituito in pari misura da altro lavoro di diversa qualità intellettuale. Prima di tutto perché esiste un problema serio di riconversione delle competenze di chi lavora o ha lavorato, che con la velocità di questi tempi dovrebbe aggiornarsi ed evolversi. Tutti questi processi vanno gestiti e pilotati dal mondo della politica e del sociale con equità e attenzione. C’è poi il rischio che si crei un mondo di ricchi tecnocratici, una classe media impoverita dai mutamenti e molti poveri espulsi dal lavoro. In questo mondo torneranno utili e di moda le professioni artigianali e diventerà importante il saper usare bene le mani oltre che manovrare con algoritmi grandi quantità di dati. Un altro tema importante, e ce ne accorgiamo ogni giorno, è il problema della privacy e del controllo.

Come vedi il futuro dei nostri figli, in un mondo sempre più digitale?
È un tema che mi ponevo con maggiore timore anni fa: “hai contribuito ad accelerare il cambiamento verso il digitale. Ma è un bene o un male?”. Ora sono ottimista. I cambiamenti tecnologici sono neutrali in quanto tali, ma dipende da come gli uomini li interpretano e li usano, se possono diventare positivi o negativi. Prima di tutto occorre considerare che la sterzata verso il digitale è un percorso praticamente obbligato. Ci siamo dentro fino al collo. Piuttosto occorre gestirlo nella maniera migliore.
Questo vuol dire prima di tutto comprendere che il digitale è un abilitatore universale per i nostri figli. Uno strumento che permette loro di studiare, colloquiare o giocare con gli amici, crearsi un lavoro, sviluppare la loro creatività. Bisogna investire per supportare a livello educativo e legislativo il cambiamento fornendo strumenti che permettano ai nostri figli un utilizzo corretto delle tante potenzialità dei device digitali che hanno a disposizione. Insegnare a convivere con equilibrio con il digitale vuol poter dire non viverlo passivamente, non diventarne schiavo, ma saperne fare un uso sempre più maturo. E in ciò il ruolo della scuola e della famiglia non deve mancare come in tutto quello che riguarda l’educazione, che si deve estendere e confrontare con il digitale.

Ci consigli un buon testo per capire il futuro?
Un buon libro per districarsi fra le opportunità e i problemi del futuro è quello uscito recentemente scritto da Massimo Canducci, Chief Innovation Officer del Gruppo Engineering, che si intitola “Vite Aumentate”. Si tratta di un testo che parla di quali saranno le tecnologie innovative del futuro e di quale sarà l’impatto che queste avranno sulla nostra vita. Si parla di Big Data, Intelligenza Artificiale, Blockchain, Cloud Computing, Extended reality, Wearable, Robotica, Stampa 3D e 4D. Sono ambiti di innovazione tecnologica che dovrebbero migliorare la vita delle persone, generando valore nel comparto economico, ambientale e sociale. Nel libro si parla anche dei temi non tecnologici che saranno sempre più importanti in futuro: come sostenibilità, etica, consapevolezza e inclusività.

 

VITTORIO PASTERIS
Fra i primi su Internet in Italia, digital strategist, social media manager, consulente, giornalista online con esperienza in sviluppo transizione digitale, ambiente e sostenibilità, apprendimento a distanza, marketing online, nuovi media. Marito di Barbara, padre di Paola e Pietro.