Vincitore di Hell’s Kitchen Italia nel 2015, Mirko non si è certamente adagiato su questo importante riconoscimento, ma ha fatto evolvere la sua carriera passando dalla ristorazione tradizionale alla consulenza e non solo.
Classe 1990, cresciuto a due passi da Bergamo, Mirko Ronzoni è un cittadino del mondo. Comunicativo, istrionico e socievole, non passa inosservato grazie ad una spiccata personalità che ha messo in evidenza sia nei programmi televisivi sia ad eventi quali Gourmarte a Bergamo, Salone del mobile a Milano, Salone del Gusto e Eataly a Torino. Tradizione, tecnica, ricerca delle materie prime caratterizzano la sua cucina. Ha vissuto e visitato diverse città del mondo dove ha incontrato anche colleghi rinomati che hanno accresciuto le sue qualità professionali. Vincitore nel 2015 di “Hell’s Kitchen Italia”, il talent show culinario più famoso al mondo condotto dallo Chef Carlo Cracco e in onda su Sky Uno, dopo la vittoria è diventato Executive chef al ristorante di Hell’s Kitchen al Forte Village Resort in Sardegna e Sous Chef nelle edizioni successive del format televisivo. Tra le sue attività c’è anche il progetto di catering consulenziale Aesthetic Kitchen: un catering gourmet che punta sulla creatività e sull’estetica. Competente e con una visione manageriale del mondo del food, Mirko è uno chef anticonvenzionale e innovativo che sa coniugare armonia, tecnica, passione e divertimento “surfando” dalla consulenza ai social, dai catering agli eventi, dalla ristorazione pura ai nuovi progetti. Perché per lui il lavoro è anche questo: ricercare nuove sfide che lo sorprendano e lo divertano.
Parliamo di Mirko Ronzoni prima di “Hell’s Kitchen Italia”.
Ho avuto una vita simile a tanti colleghi: ho frequentato l’istituto alberghiero perché alle elementari ho seguito un corso di cucina e ho scoperto questa mia grande passione. Poi sono arrivati i primi lavori e con loro il piacere di faticare, poi il diploma. Ho collaborato con vari ristoranti di livello medio-alto a Bucarest, Londra e New York, ma anche in realtà stellate italiane. Non ho mai avuto un solo maestro, ma ho appreso stili e metodi dai diversi colleghi. A New York ho avuto l’opportunità di partecipare a “Hell’s Kitchen” e il resto è noto.
Com’è cambiata la tua vita professionale dopo la vittoria del 2015?
Anche prima, proprio come adesso, ero una persona attiva e workaholic. Lavoro molto, cerco nuovi progetti e mi divido anche tra l’attività di catering e il contatto con il pubblico. Vincere “Hell’s Kitchen” mi ha dato la forza di capire che non volevo limitarmi all’attività di ristoratore, ma che desideravo diventare un freelance e creare sempre più connessioni collaborando con aziende e brand, facendo show cooking in Italia e all’estero, ma anche video e produzione di contenuti per i social oltre che instaurare collaborazioni con i colleghi. È una vita frenetica, me ne rendo conto, ma mi piace essere multitasking e questa energia mi rende vivo e aumenta la mia creatività.
Che cos’è, per te, la ristorazione?
Un bel periodo della mia vita, che continua ad esserci anche se in maniera meno canonica. È legata alla parte di eventi, catering e consulenza. Mi occupo di recruitment, ad esempio, per una nuova apertura o per l’inserimento nell’ambito dell’hôtellerie. A volte mi manca l’adrenalina del servizio canonico, ma dai miei eventi traggo davvero molta energia.
Tra i tuoi progetti c’è Aesthetic Kitchen: di cosa si tratta?
Nasce dall’evoluzione di un termine che dissi a “Hell’s Kitchen”, anche se oggi mi sento più uno chef prêt-à-porter. Sono un amante della bellezza in tutte le sue forme e strizzo l’occhio all’estetica del piatto, ai colori della materia prima che seleziono e a come servire al meglio una portata. Visto che riesco a rendere estetici ed esclusivi i catering di piccole dimensioni, ho pensato di creare un brand relativo agli eventi che includesse anche catering aziendali e cene private realizzate sempre con gusto e attenzione.
Cosa significa fare consulenza ristorativa?
Ho iniziato intorno al 2017 e la difficoltà, allora, era spiegare di cosa si trattasse perché i ristoratori non capivano a cosa servisse un consulente. All’estero questa figura professionale era già presente e adesso c’è anche in Italia, dove ormai il mercato è competitivo e saturo e i margini si sono assottigliati rispetto a un tempo. Oggi non basta più saper cucinare, bisogna fare la differenza. La mia figura si interpone tra l’imprenditore e i dipendenti. Faccio un lavoro di ricerca iniziale che include la progettazione, lo studio del business plan, le fasi di preapertura con la conseguente ricerca del personale e la formazione, la definizione del menù, la selezione dei fornitori, ecc., per poi sfociare nell’analisi dei costi, nella gestione del magazzino fino all’apertura e all’inaugurazione. Il tutto offrendo un costante supporto per le varie problematiche: dal sostituire un componente della brigata alla ricerca di utensili specifici per la cucina e la sala. Infine, aiuto albergatori e ristoratori a lanciare o a rilanciare un locale.
Sei anche un formatore: oltre all’arte culinaria, cosa insegni a chi segue i tuoi corsi?
Ci sono diverse tipologie di corso. Quello per gli amatori, dove si impara a cucinare o a fare i primi piatti e l’elemento principale è passare una bella serata di condivisione e divertimento, seppur imparando. Poi ci sono i corsi per professionisti che ovviamente sono più tecnici e settoriali: si parla di cucina molecolare, tradizionale, classica per
gli stranieri, di cucina creativa e dell’arte dell’impiattamento.
Qual è l’ingrediente per essere uno chef di alto livello?
Ho sempre apprezzato il fattore umano che si basa sulle relazioni con le altre persone. Preferisco lavorare con un cuoco meno bravo, ma dall’ottimo carattere e che sa creare la brigata. Questo perché si passano parecchie ore insieme e vivere in armonia è fondamentale. A cucinare si impara con libri e con le attrezzature tecnologiche, ad essere leader no.
Food e social network: un’accoppiata vincente?
Non posso che dire di sì perché è quello che in questi anni mi ha fatto crescere. È sicuramente una combo che va tantissimo in Italia e nel mondo, ma è un mercato saturo. Il pro è che diamo una vetrina a chiunque, ma questo è anche un contro. È la fan base quella che ci dà il voto. Ognuno deve crearsi il suo spazio. Io cerco di mantenere la mia professionalità più seria con i ristoratori e gli albergatori ed uso i social per divertirmi.
Ci regali una ricetta?
La cheesecake squacquerone, funghi e castagne che ho presentato a “Cotto e Mangiato”. Per la crema servono: 280 gr di squacquerone di Romagna DOP, 250 gr ricotta vaccina, 200 gr formaggio fresco, 1 uovo, 200 gr di funghi, 100 gr di castagne precotte, 1 spicchio d’ aglio, 50gr di burro, 200 gr di taralli o cracker, quanto basta di sale, pepe e maggiorana. Prima di tutto fate sciogliere il burro in un pentolino e fatelo intiepidire. Intanto tritate i taralli, potete usare il mixer oppure inseriteli in un sacchetto e passate sopra un pestello o un matterello fino a ridurli in polvere. Unite il burro fuso ai taralli e mescolate ottenendo un composto omogeneo, versatelo nello stampo da 18 cm e pressate la base, alzate i bordi di circa 3 cm e compattate. Mettete in frigo mentre preparate la crema. In una ciotola, mettete lo squacquerone di Romagna DOP con la ricotta sgocciolata, il formaggio spalmabile, l’uovo, sale e pepe e frullate con le fruste elettriche fino a ottenere una crema omogenea. Versate la crema nello stampo, livellate e infornate a forno ventilato preriscaldato a 180° per circa 45 minuti. Verificate con lo stecchino che la cheesecake sia cotta al centro, quindi sfornate e lasciate raffreddare. Spadellate in olio evo con uno spicchio d’aglio i funghi e le castagne, dopo circa 10 minuti saranno pronti come contorno della cheesecake salata.