L’Articolo 21 della Costituzione Italiana ai tempi dei social


Paola Gomiero (direttrice FABI Plus)

Se n’è parlato molto nelle ultime settimane, da quando Roberto Benigni ospite alla 73ª edizione del Festival di Sanremo ha recitato al Teatro Ariston un monologo sulla libertà d’espressione. Alla presenza del Presidente della Repubblica Mattarella, e con l’occasione del 75º anniversario della Costituzione Italiana, l’attore ha scelto di portare sul palco un’ode a quell’Articolo 21 della Costituzione Italiana che così recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Questo articolo sancisce una libertà di pensiero e di opinione che nei secoli passati non veniva osservata, anzi era fonte di persecuzioni e di repressioni. Ma non è purtroppo necessario andare troppo indietro nel tempo. Anche ai nostri giorni esistono nazioni in cui la libertà di stampa e di espressione non sono permesse; basti pensare all’Iran, alla Cina, alla Corea del nord, a Cuba e a molti altri paesi sparsi per il mondo. Inoltre, dobbiamo ricordarci che è stata una conquista e che, come ogni conquista, va difesa, perché ci potrebbe essere tolta da un momento all’altro. Tutto questo è molto importante, ma alla libertà di manifestare liberamente il proprio pensiero fa da contraltare un dovere di responsabilità: quello di rispettare la libertà di pensiero altrui, di non offendere, di non aggredire, diffamare e discriminare chi la pensa diversamente da noi. Eppure, la realtà è molto diversa. Con l’avvento dell’epoca digitale e soprattutto dei social network, che hanno certamente facilitato la condivisione di informazioni e di idee, si è venuto a creare un altro problema: la diffusione di notizie infondate trasmesse con un linguaggio carico di odio. I “padri costituenti” quando hanno emanato l’Articolo 21, avevano in mente la tutela delle opinioni politiche e della libertà di stampa, che erano state annullate nel precedente ventennio dal regime fascista. Sicuramente non potevano immaginare che una settantina di anni dopo ci sarebbero stati soggetti che avrebbero invocato il principio dell’Articolo 21 per negare evidenze scientifiche o diffondere notizie completamente inventate e prive di fondamento. Colpa sicuramente della velocità della rete ma soprattutto della distanza sociale, che sta rendendo tutto più lecito, come se ci si dimenticasse della presenza di persone in carne e ossa al di là dello schermo, persone da ferire o manipolare.

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