Sono trent’anni di canzoni, testi, melodie, poesie, molte malinconiche e struggenti, dense di quella sana e calibrata rabbia che ci spinge a essere vivi. Da “Disperato”, primo successo con cui vince Sanremo Giovani a brani come “Ci vorrebbe il mare”, passando per grandi hit come “Perché lo fai” e “T’innamorerai”, il 2020 è il trentesimo anniversario in carriera per Marco Masini. Gli esordi con Bigazzi e la Ricordi sono gli anni delle musicassette da ascoltare in auto nei viaggi d’estate. Sono gli anni del successo che divide il pubblico tra chi lo ama e chi invece lo denigra, e della sua reazione con il celebre “Vaffanculo”. Da quel momento, si susseguono alti e bassi fino al riscatto sanremese con “L’uomo volante”, quando si spengono quaranta candeline.
La maturità artistica la esprime in tour in Italia e all’estero, con altre partecipazioni al festival e a due esperienze come coach canoro di programmi su Rai1 che porta alla vittoria di entrambe le concorrenti. A febbraio scorso il nono Sanremo con il brano “Il confronto” e poi l’annuncio del disco “Masini +1, 30th Anniversary” in cui sono contenuti tanti grandi successi dell’artista reinterpretati con colleghi e amici e quattro inediti. In primavera sarebbe dovuto partire il tour che, causa Covid, è stato rimandato al 2021, salvo alcune date estive. Tour che si concluderà con un grande show nel tempio dell’Arena di Verona, tra un anno esatto, a settembre 2021. Prima tante date in Italia, poi anche in Belgio, Svizzera, Francia e Germania.
Da big assoluto hai affrontato l’ennesimo Sanremo, tornando sullo stesso palco che ha dato inizio alla tua carriera. Che clima hai ritrovato?
Non è esattamente lo stesso palco perché nel 1990 ci esibimmo dal palco del Palafiori, per problemi di ristrutturazione dell’Ariston, però, ritornare al Festival dopo trent’anni con una scenografia quasi aliena è stato un tuffo nel futuro. Sono un po’ vecchietto. Al Festival ho sempre raccontato me stesso, senza peli sulla lingua. Credo che oggi nessuno abbia più censure nella musica: c’è una libertà totale, con una ricerca di linguaggi personali, senza filtri.
Raccontaci qualcosa in più di questo disco.
Per i trent’anni di carriera volevo fare trenta canzoni, anche perché il mio repertorio me l’avrebbe consentito ma
poi ci siamo accorti che i tempi erano stretti per un doppio cd. Quindi alcuni amici che avevo sentito sono rimasti fuori dal progetto e mi dispiace ma mi sono dovuto limitare a quindici brani. Si tratta di un progetto per me meraviglioso perché mi accompagnano sedici amici, tutti di vecchia data, tranne una ragazza che si chiama Rita Bellanza che ha partecipato a X Factor cantando “Sally”. La porto con me in questo viaggio non solo per la sua bravura ma anche per la storia della sua adolescenza, che abbiamo deciso di far diventare una canzone. Sono curioso di fare anche una seconda operazione del genere, coinvolgendo più giovani, orientandomi verso il mondo indie.
“Il confronto” parla di un uomo dentro ed uno fuori, nella vita di Masini chi vince?
Direi un pareggio, i due Marco quello dentro e quello fuori si incontrano, si riconoscono. A 55 anni è più facile vedere gli errori: negli occhi della donna che ti sta accanto, negli amici che ti comprendono e con i quali prima litigavi. A questa età puoi riconoscerti guardandoti dentro ma anche guardando il mondo fuori. Nel mio viaggio a ritroso sono stato bravo a dire “Vaffanculo” e “Bella stronza” ma non ho confessato con altrettanta forza gli errori che ho fatto. Il confronto è la storia di tanti uomini. Molti amici mi scrivono per dirmi che si sono identificati con questo uomo che si mette a nudo, che prima fugge da se stesso e poi decide di ritornare per ritrovarsi e forse accettarsi.
A volte il confronto genera liti e odio, non sempre è positivo.
Questo pezzo l’ho scritto proprio per sottolineare che l’odio non serve e credo che si debba sempre far i conti con se stessi. Mi pare che ci si confronti sempre troppo con gli altri, anche prima di esserci confrontati con noi stessi. Anche in politica.
Le canzoni, hai detto, nascono da sole. Le riscriveresti tutte?
Forse quelle più brutte no, quelle che sono arrivate meno alla gente, a saperlo prima uno non perderebbe tempo.
Quando scrivi una canzone vai all’avventura, non sai come andrà a finire. Ma anche le scelte sbagliate che fai ti portano ad essere quello che sei, ti mettono davanti alle tue paure e alle insicurezze. Personalmente sono contento di quello che sono oggi, dopo aver passato anche momenti bui, che servono per arrivare alla luce. Le canzoni poi sono figlie del tempo, arrangiamento, testi. Tutti abbiamo voglia di risentire la melodia nello stesso modo in cui
è nata perché quella stessa ti riporta ad un momento del passato che ti fa sognare.
Altra tua passione è il calcio, da tifoso e per la nazionale cantanti. Parliamo di questo secondo aspetto, non voglio farti rattristare…
Mi fa molto piacere vedere tanti ragazzi che vengono in nazionale a giocare con noi vecchietti per una causa di solidarietà. Arrivano con la curiosità tipica del giovane che si vuol divertire e che vuol portare anche il proprio contributo per aiutare coloro che soffrono, soprattutto i bambini malati. Agli ultimi appuntamenti non sono potuto andare perché registravo il disco e quando hai a che fare con quindici artisti è difficilissimo spostare gli impegni ed incastrarne di nuovi. Poi mio padre si è operato ed era in ospedale e non potevo allontanarmi da Firenze (il padre è deceduto prima dell’inizio dell’estate, ndr).
Una novità assoluta questa esperienza dei duetti, come è andata la costruzione del disco?
Mi sono trovato bene perché sono tutti amici veri, ci sentiamo per commentare una partita, per prenderci in giro, e nel caso di Eros è più lui che prende in giro me, e naturalmente ci incontriamo e parliamo di musica. Le canzoni dei duetti si sono proprio scelte da sole, grazie al vissuto che ho con questi artisti perché ci sono tanti episodi della mia vita che si legano a questi amici. Eros nei momenti bui mi ha difeso, si è anche esposto e dunque essendo il primo amico incontrato da musicista ho scelto di cantare con lui la mia prima canzone “Disperato”. Con Giuliano Sangiorgi abbiamo cantato insieme al compleanno di Francesco Nuti il brano “Ci vorrebbe il mare” e la versione del disco è venuta esattamente come l’abbiamo fatta a quella festa. Al primo concerto di Ambra Angiolini sul palco c’ero io. Lei è venuta da me con la fascia in testa con la scritta “Marco ti vorrei”. Luca Carboni mi fece invece per primo i complimenti appena uscì “Vaffanculo” ed è stata la canzone che ci ha unito e così via ci sono aneddoti con tutti gli altri.
Pensi che in futuro ti ritroverai a duettare anche con artisti stranieri?
Al momento non ci penso, sono concentrato nel far emergere queste canzoni, per me è già tanto poter realizzare il mio desiderio più grande: sogno da quando ero piccolo di fare un concerto all’Arena di Verona. Ma mai smettere di sognare.
Anche in un momento come questo in cui è più difficile essere ottimisti…
È un momento difficile, per alcuni tragico, ma credo che si debba sperare che la vita ricominci con la sua normalità. La speranza è che si possa trovare un farmaco che agisca prima che il virus comprometta l’organismo.
Comunque non posso immaginare che si debba vivere per tre, quattro anni lontano l’uno dall’altro, altrimenti le emozioni e i sentimenti diventano virtuali e l’umanità ne risentirebbe troppo.