Il mondo che verrà


Non parliamo di Covid-19. Lo facciamo già. Tutti i giorni.

È forse l’argomento di cui ciascuno di noi abbia ricevuto maggiori informazioni da molto tempo a questa parte. Non è sinonimo di felicità e spensieratezza, purtroppo, ma dobbiamo venirne a capo.

Non parliamo di oggi, è attuale, lo viviamo senza bisogno di ulteriori commenti.

Riflettiamo piuttosto sulla rivoluzione che il mondo che verrà si presta a vivere. Ci verrà chiesto di cambiare il nostro modello di vita sociale, professionale e, più di tutto, interpersonale. La riflessione spaventa sicuramente, ma credo che di aspetti positivi cene possano essere moltissimi: l’ambiente ci ha innanzi tutto ringraziato per averlo fatto respirare, è stato liberato dalla violenza dello smog, dall’inquinamento delle attività produttive che si sono fermate e da noi, ovviamente.
Le fotografie che hanno abitato i social del mondo intero ci hanno regalato immagini di scoiattoli che passeggiano indisturbati non nei parchi, ma nei centri cittadini, così come oche in coda sui marciapiedi delle città. Non sarà sempre così perché ora siamo concentrati sulla ripresa dell’economia, ma un accento sul miglioramento concreto dell’ambiente in cui viviamo potrebbe essere un elemento nuovo di questa vita. E non solo questo: il tanto famigerato smart working, che ha sicuramente messo a dura prova i nervi di molti lavoratori, ha per contro creato delle opportunità di risparmio per
piccoli e medi imprenditori: tagliare costi di uffici e locali che non comprendano attività la cui presenza umana sia indispensabile, condurrebbe a mantenere un risparmio tale, da garantirne gli stessi posti di lavoro. Oltre a questo, lo smart working che è stato “obbligatorio” per molti settori e per molti impiegati, quadri e dirigenti, non sarebbe mai stato sperimentato, oppure in minima percentuale, in un Paese culturalmente tradizionale come il nostro. Questa forzatura ci ha reso coscienti non solo dell’importanza enorme del contributo di ciascun lavoratore, ma della reale possibilità che un risparmio su infrastrutture, per alcuni settori, può veramente significare sopravvivere oggi e crescere domani.

 

Un’altra riflessione è sul distanziamento sociale. Sebbene sia una costrizione per ovvi motivi, l’abitudine alla distanza fra persone potrebbe anche insegnarci e condurci ad un senso civico migliore. Rispettare le code, gli spazi altrui, attendere pazientemente il proprio turno negli uffici aperti al pubblico senza protestare, quando fosse una prassi consolidata, condurrebbe inevitabilmente ad un rispetto collettivo forzato nell’immediato, ma ad un modello di vita strutturato per le prossime generazioni. L’apprezzamento per momenti di felicità apparentemente trascurabili – un caffè al bar, un aperitivo con un amico – saranno “ripensati” e non più trascurati, senza dovere necessariamente pensare che solo un viaggio in un’isola tropicale possa essere fonte di gioia. Il modello familiare, poi, più di ogni altro, potrà essere valorizzato. Dai cattolici ed in eguale misura dai laici.

La comunità all’interno della famiglia non sarà assolutamente scontata per coloro che hanno purtroppo perso qualcuno, o hanno rischiato di perderlo, ma nemmeno per chi ha avuto l’immensa fortuna di salvarsi.

Il valore così profondo della vicinanza dei nostri cari non sarà più solo scadenzato dalle feste di Natale e Pasqua e forse, nelle famiglie abituate a pasteggiare con la televisione accesa, saranno genitori e nonni che sentiranno il bisogno di rieducare figli e nipoti al contatto umano.

Si dovrà sperimentare una dimensione più intima del luogo dove si vive – una città molto di più di un piccolo paese – trasformando quel luogo in un universo da amare. Gli spostamenti saranno meno frenetici, perché la percentuale di individui che prenderà autobus, metropolitane e treni, dovrà essere contingentata per essere sicura e ci daremo quindi più tempo per organizzare le nostre giornate.

 

 

La politica di tutti i governi dovrà necessariamente mettere a fuoco le esigenze dei cittadini e la Salute avrà un ruolo da protagonista perché “vitale”, mentre i tagli alla Sanità che in Italia sono stati “dettati” da tutti i partiti che si sono susseguiti, dovranno per forza di cose essere rivisti. La stessa spesa familiare sarà diversa: oggi destinata a combattere cassa integrazione o peggio ancora licenziamenti, ed utilizzata solo per poter pagare mutui, affitti e beni primari, nel mondo di domani avrà una ripresa lenta e graduale, ma non negli sprechi almeno non per la maggior parte di noi, ma forse solo per chi non ha familiarità con la propria coscienza e non ha mai avuto chiaro cosa fosse veramente importante.

Non sarà ovviamente un “no” al superfluo, ma sarà un “no” più forte allo spreco.

Un aspetto molto positivo ci è stato recentemente trasmesso dagli insegnanti. La didattica a distanza per le scuole ordinarie, che sarebbe sembrata fantascienza sino a ieri, ha dato risultati migliori di quanto sperato. Il loro lavoro è stato prezioso, finalmente valorizzato, sicuramente massiccio e molto più faticoso perché dilatato nei tempi e nella relazione con ciascuno studente, ma ha anche aperto una strada percorribile in futuro e cioè “in rete”, da quei luoghi del mondo dove le scuole nemmeno esistono.

Mi piace pensare che forse, un giorno non troppo lontano, giovani africani che non abitano a Nairobi o a Cape Town, ma che vivono in luoghi sperduti del Mozambico, del Mali, del Niger e di tanti altri Paesi, saranno scolarizzati grazie ad enti generosi che li attrezzeranno con equipaggiamenti informatici tali, da potersi collegare a scuole immateriali con bravi insegnati che li aiuteranno a crescere.

Elaborare un nuovo modello di vita nella sua interezza è, e sarà, molto complesso e non riassumibile in queste poche parole. Ma è fattibile ed è pieno di aspetti positivi ed opportunità che se ben raccolte e sfruttate, possono rendere questo nostro “prossimo” mondo un luogo migliore.

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