Guerre di rete: la realtà supera la fantascienza – Intervista a Carola Frediani


La pandemia ha portato negli ultimi dodici mesi, in Italia e nel mondo, milioni di persone ad utilizzare lo smart working e gli strumenti informatici, facendo fare quel salto quantico nel mondo digitalizzato che per anni era stato previsto dagli esperti, ma mai realizzato veramente. Con i molti vantaggi della digitalizzazione sono cresciuti anche i rischi dovuti al non corretto utilizzo di tali strumenti o alla presenza di cybercriminali che si approfittano della non perfetta alfabetizzazione informatica dei singoli. Accanto a questo fenomeno è cresciuta in modo esponenziale l’attività e la presenza sulla rete delle Nazioni e delle grandi Corporation, portando a vere e proprie “guerre” cybertecnologiche di cui il cittadino viene a conoscenza raramente o solo quando l’evento è di portata globale.

Di questi temi abbiamo parlato con Carola Frediani, giornalista e scrittrice, da anni impegnata nello studio di questa affascinante tematica.

L’INTERVISTA

Carola, il tuo esordio letterario è avvenuto con il volume “Deep Web” nel 2014: era, come il dark web, un argomento già molto noto agli esperti ma quasi sconosciuto ai più. Oggi se ne parla in continuazione anche nei telegiornali, in particolare in merito al dark web, per eventi criminali di vario tipo, dal vaccino venduto sottobanco, al sicario che offre i propri servizi online. Qual è la differenza tra i due concetti e cosa è cambiato da quando hai scritto il tuo libro?

Prima di “Deep Web” c’è stato un libretto agile (e solo digitale), “Dentro Anonymous”, che in parte è un precursore di “Deep Web”, quanto meno perché mi sono avvicinata a una serie di strumenti e tematiche legate al tema della privacy e dell’anonimato online. Allora, ci sono tre distinzioni principali: il web di superficie o “in chiaro”, quello dove navighiamo normalmente; il web che per varie ragioni (ad esempio perché composto da database, intranet, ecc.) non è raggiungibile dai motori di ricerca come Google, ed è il deep web; e il web che consente di essere anonimi e non individuabili sia a chi gestisce un sito sia a chi lo visita, è raggiungibile solo attraverso determinati software e reti, ed è il cosiddetto dark web. Ma i due termini – deep e dark web – col tempo sono diventati quasi intercambiabili per indicare proprio la parte anonima della rete dai media ma anche dagli stessi addetti ai lavori, perfino da chi gestiva i siti del dark web. A me il termine dark web è sempre piaciuto poco per la sua associazione con immagini di un luogo misterioso e tetro, per cui ho preferito il più neutro deep web. Il termine più corretto sarebbe darknet. Non è cambiato molto, anche se forse negli ultimi anni, dopo una fase espansiva, le darknet hanno subito uno stop, come se fosse diminuito l’interesse generale. Resta una realtà meno vasta di come a volte è stata descritta. Soprattutto negli ultimi tempi si è capito in modo molto evidente che cybercriminali, criminali tradizionali, e cyberspie non avevano così tanto bisogno delle darknet, come si è spesso fatto intendere. Al contrario software come Tor restano uno strumento semplice per gli utenti che hanno bisogno di difendersi dalla sorveglianza.

Dopo “Deep Web” un tuo grande successo è stato il volume “Guerre di rete” da cui è scaturita una bellissima newsletter che ha già superato i 100 numeri. Qualche anno fa era fantascienza, oggi la realtà supera la fantasia. Cina e Russia sono due nazioni che praticano in modo spesso spregiudicato, azioni di guerra cybertecnologica. Quali scenari vedi per un prossimo futuro?

Gli scenari futuri potrebbero essere due opposti. Gli stati e le aziende potrebbero arrivare a una serie di accordi internazionali per regolamentare anche i conflitti in questo spazio e stigmatizzare e mettere nell’angolo chi si muove in modo troppo spregiudicato. Oppure si potrebbe assistere a un’accelerazione di quello che abbiamo visto negli ultimi anni: campagne di cyberspionaggio che si tramutano in attacchi a strascico con pesanti effetti collaterali; accenni di cyberguerriglia contro infrastrutture critiche in scenari di forte tensione geopolitica (Ucraina, Iran, Israele ecc.);  cybercrimine sempre più ricco e organizzato. In questo momento vedo più probabile il secondo.

I social del mondo occidentale non sono controllati come i social cinesi, ma godono di una propria autonomia che spesso prevalica addirittura i poteri nazionali. Parliamo di twitter che ha chiuso l’account di Trump o facebook che chiude account di estremisti e complottisti. Quale equilibrio pensi possa crearsi tra gli stati e i social nell’ampio margine tra censura e libertà totale di espressione?

É un tema molto delicato e complesso, in cui nella tempesta di interessi conflittuali in gioco la barra al centro deve essere tenuta dai diritti umani. Li devono rispettare gli stati nel legiferare o modulare i loro rapporti con le piattaforme (pensiamo alla libertà di espressione); li devono rispettare le piattaforme nel darsi regole il più possibile trasparenti e chiare. Il rischio in questo momento è che un intervento troppo invasivo da parte di stati democratici oltre a ridurre spazi di libertà e diritti apra la strada a interventi repressivi in ogni luogo del mondo, che già sono in atto, quindi è già una battaglia di retroguardia.

Nella tua newsletter “Guerre di rete” parli spesso di facebook che è ormai diventato una “nazione” indipendente. Il coinvolgimento politico nelle elezioni di Obama e Trump è stato evidente e oggetto di studio per anni da parte degli esperti. I rischi di interferenze da parte di paesi quali Russia e Cina nelle recenti elezioni americane hanno messo in allarme i politici di tutto il mondo. Cosa deve ancora fare facebook per diventare un social “neutrale”?

Il tema è l’accountability e la trasparenza delle piattaforme, oltre che la possibilità di controllo sui dati da parte degli utenti. E poi c’è un tema di antitrust, di cui finalmente si è tornati a parlare sia negli Usa che in Europa.

In Cina è stato introdotto da alcuni anni il “rating sociale” basato su sofisticati algoritmi di valutazione e controllo dei comportamenti del singolo. Pensi ci sia il rischio che questo modello di controllo globale, anche a causa della pandemia possa prendere piede anche nel mondo occidentale?

Purtroppo la pandemia farà da volano a questo genere di proposte tecnosoluzioniste e a un più forte desiderio di controllo attraverso varie tecnologie. Il rischio è concreto e altissimo.

Qual è il ruolo delle Big Tech e dell’Intelligenza Artificiale nelle guerre di rete che si combatteranno nel prossimo futuro?

È un ruolo molto importante, in cui ovviamente il controllo dei dati è fondamentale. Ma è interessante e inquietante la saldatura che ci sarà fra stati e privati sull’AI. L’Europa ci sta pensando adesso dal punto di vista dei rischi. Poi certo c’è anche un tema economico, di investimenti. Inutile dire che Cina e Stati Uniti ci stanno puntando tantissimo.

Durante le festività natalizie del 2000 è diventato virale un video realizzato in UK in cui una “falsa” Regina d’Inghilterra faceva gli auguri ai sudditi: per i primi minuti era impossibile distinguere il vero dal falso, ma tutto si svelava nel momento in cui la Regina iniziava a ballare sulla scrivania: è stato il miglior esempio di deep fake realizzato. Cosa dobbiamo attenderci per il futuro? Come essere certi che ciò che vedremo in TV sarà reale, nei prossimi anni?

I deep fake sono esplosi col porno (oltre che con l’imitazione di Nicholas Cage), e purtroppo il loro primo utilizzo, essenzialmente forme di molestia verso donne reali che venivano riprodotte a loro insaputa in questi video sintetici, non è stato benevolo. Ovviamente l’uso malevolo anche in politica è il passo successivo. L’affermazione dei deep fake sarà la volta in cui saremo tutti obbligati a ripensare le modalità di fruizione delle informazioni e della realtà. Non basterà più un artefatto informativo (un pezzo di video, un titolo, una notizia buttata lì, un post) per farci formare una opinione dovremo abituarci a scavare o a fidarci di qualcuno che lo faccia per conto nostro.

Hai in cantiere prossime pubblicazioni? Ci puoi anticipare qualche argomento?

Ho un romanzo a metà ma per ora sono ferma, la newsletter e un nuovo lavoro mi stanno impegnando troppo. Per la saggistica aspetto la fine della pandemia.

 

Biografia Carola Frediani

Scrittrice e giornalista, tratta i temi della privacy, sorveglianza e cybersicurezza per varie testate. Il suo ultimo libro è “#Cybercrime” (Hoepli). Attualmente lavora come Cybersecurity Engagement Manager per una Ong internazionale che si occupa di diritti umani. Ogni settimana pubblica la newsletter gratuita “Guerre di rete” su questi temi.

 

 


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