In un’estate che ha visto continuare una guerra in piena Europa, una pandemia che ha rialzato la testa con l’ennesima ripresa del Coronavirus rinvigorito da nuove varianti ed una siccità con ondate di caldo che hanno colpito l’Europa ed il mondo provocando effetti che non hanno eguali negli ultimi decenni, abbiamo anche qualche buona notizia. La scienza ci ha abituato spesso a grandi sorprese: quello dello scienziato è un lavoro silenzioso con persone che dedicano con umiltà l’intera propria vita ad una causa specifica. Al lavoro costante ed appassionato di migliaia di scienziati in tutto il mondo, a volte fa seguito un evento particolare, una scoperta, un avanzamento, che sembra frutto della casualità, ma riflette appunto gli anni di dedizione di studio e di ricerca di intere generazioni di studiosi. In questa estate caldissima abbiamo ben due grandi sorprese che si sono rivelate nel campo dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande.
INFINITAMENTE PICCOLO
Il CERN di Ginevra
Dopo tre anni di sosta per lavori di manutenzione e per la preparazione di nuovi esperimenti il Large Hadron Collider (LHC), l’enorme acceleratore di particelle sotterraneo presso il CERN di Ginevra, in Svizzera, è nuovamente entrato in funzione in modo stabile il 5 luglio 2022 per il suo terzo e più potente periodo sperimentale, il Run 3. LHC, che da luglio 2022 funziona stabilmente 24 ore su 24, sarà operativo per quasi quattro anni con la produzione di un’energia record di 13,6 TeV (13,6 trilioni di elettronvolt), fornendo una precisione e un potenziale di scoperta mai raggiunti prima. I nuovi esperimenti potrebbero finalmente rivelare le tanto ricercate versioni “destre” delle particelle chiamate neutrini, trovare
le particelle che compongono la materia oscura, che esercita gravità ma non interagisce con la luce e persino aiutare a spiegare perché l’Universo esiste, compito di cui parleremo nella prossima sezione dedicata al nuovo Telescopio spaziale James Webb. Come accennato prima, tra gli obiettivi che potrebbero ora essere veramente a portata di mano, secondo i ricercatori del CERN, c’è proprio quello di scoprire la particella che costituisce la materia oscura, uno dei principali misteri non ancora svelati del nostro Universo. Gli scienziati in questa serie di esperimenti si concentreranno sull’esplorazione delle proprietà delle particelle nel Modello Standard, incluso il famoso bosone di Higgs scoperto proprio al CERN, dieci anni fa, il 4 luglio 2012. Il CERN di Ginevra si compone, oltre all’immenso acceleratore circolare di particelle, anche di quattro grandi “esperimenti” costituiti da rilevatori: sostanzialmente, una volta accelerate, le particelle vengono fatte “collidere” all’interno di questi “rilevatori” di dimensioni mastodontiche, che prendono appunto il nome di “esperimenti”. I rilevatori producono miliardi di Terabitye di dati, che vengono studiati per mesi se non per anni da parte di un team di ricercatori specializzati nello specifico settore di ricerca e nello specifico esperimento. L’esperimento ATLAS, il più grande rivelatore di particelle dell’LHC, cercherà di rispondere a una domanda che ha lasciato perplessi gli scienziati per decenni: perché tutti i neutrini sono stati rilevati finora come mancini se la maggior parte delle particelle è disponibile nei gusti sinistrorsi e destrorsi? ATLAS cercherà quello che potrebbe essere un parente mancino del neutrino mancino, il leptone. L’esperimento ALICE (A Large Ion Collider Experiment) è il secondo grande rivelatore costruito per LHC presso il CERN. È un progetto portato avanti da una collaborazione di un migliaio di ricercatori appartenenti a 86 istituti di 29 paesi. Lo scopo scientifico è quello di studiare urti tra nuclei di piombo a un’energia del centro di massa di 2,76 TeV per coppia di nucleoni. La temperatura e la densità di energia risultanti, sono in grado di produrre una materia chiamata plasma di quark e gluoni. Simili condizioni sono probabilmente esistite una frazione di secondo dopo il Big Bang, prima che i quark e i gluoni si legassero per formare gli adroni. Secondo i ricercatori del CERN durante il Run 3, l’attuale periodo partito proprio a luglio, i rilevatori ATLAS e CMS prevedono di registrare più collisioni rispetto ai due precedenti Run messi insieme: l’esperimento LHCb ha subìto un completo rinnovamento per aumentare la velocità di acquisizione dei dati di un fattore dieci, mentre l’esperimento ALICE punta ad aumentare di cinquanta volte il numero di collisioni registrate. Questa fase eccitante della ricerca dovrebbe durare fino al 2025 e gli scienziati stanno già ipotizzando esperimenti per il ciclo successivo.
INFINITAMENTE GRANDE
James Webb Space Telescope
Il 12 luglio 2022 è stato un altro giorno storico per la scienza mondiale: il team del James Webb, il nuovo e più grande telescopio spaziale al Mondo, ha rilasciato le prime sensazionali immagini dello Spazio Profondo. Per quasi trent’anni l’unico vero occhio in grado di scrutare l’universo al di fuori dell’atmosfera terrestre è stato lo Hubble Space Telescope. Le prime stupende immagini del James Webb erano attese da oltre 20 anni. Si iniziò a parlare di questo telescopio già poco dopo il lancio di Hubble, negli anni ‘90. Il primo progetto prevedeva un lancio addirittura nel 2007. Per una serie di motivi, alcuni di natura ingegneristica e altri di natura economica, il lancio del telescopio spaziale è stato posticipato fino allo scorso dicembre 2021. Il telescopio è il frutto di una collaborazione internazionale tra l’Agenzia Spaziale Statunitense (NASA), l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e l’Agenzia Spaziale Canadese (CSA). È stato lanciato dallo spazioporto di Ariane- Space a Kourou, nella Guiana Francese il 25 dicembre 2021 e trasportato in orbita solare da un razzo Ariane 5. Dal suo lancio, perfettamente riuscito, nei mesi successivi durante il raggiungimento dell’orbita intorno al Sole, il team della missione è stato impegnato a curare l’allineamento dei 18 segmenti esagonali che compongono lo specchio principale del telescopio e a preparare i suoi 4 strumenti scientifici: Nircam, Nirspec, Miri e Niriss, che possono operare in modalità diverse. Diversamente da Hubble, Webb orbita intorno al Sole a 1,5 milioni di km dalla Terra nel cosiddetto “punto L2 di Lagrange”, orbita già utilizzata con successo da altre missioni. Questa orbita permette di mantenere il telescopio costantemente allineato con la Terra consentendo allo scudo di proteggerlo dalla luce e dal calore del Sole e garantendo comunicazioni continue con il centro di controllo sulla Terra con una trasmissione dei dati costante non essendo ostacolato dall’interferenza dell’orbita lunare. La caratteristica principale degli strumenti del James Webb è quella di lavorare nello spettro dell’infrarosso, coprendo un intervallo di lunghezze d’onda tra i 0,6 e i 27 micrometri (lo spettro visibile, quello a cui sono sensibili i nostri occhi, è tra 0,4 e 0,7 micrometri). Proprio grazie alle frequenze studiate dal nuovo telescopio, le immagini che lo strumento produrrà saranno molto diverse da quelle cui siamo abituati con Hubble. Hubble, infatti, lavora perlopiù alla luce visibile, che però ha lo svantaggio di non poter rilevare alcuni eventi che avvengono nell’Universo, come quelli nascosti dalla polvere interstellare. Le prime immagini rilasciate dal team della missione nel mese di luglio hanno già confermato che il dettaglio ottenuto dallo James Webb è nettamente migliore rispetto a quello fornito dal “vecchio” Hubble Space Telescope.
POSSIBILITÀ FUTURE CERN e Webb alla scoperta dell’universo invisibile
Il Telescopio spaziale James Webb consentirà di studiare la struttura più complessa dell’Universo. Grazie all’osservazione delle Supernove si potrà misurare con maggiore precisione le dimensioni e la loro struttura, approfondendo gli studi teorici sulla natura e la densità della materia oscura e dell’energia oscura. È questo il punto di contatto più evidente con il lavoro svolto al CERN di Ginevra: infatti team differenti stanno cercando lo stesso componente, “la materia oscura” elemento che potrebbe aprire la strada verso la formulazione della legge sulla Unificazione delle Forze già teorizzata da alcuni famosi fisici. Una delle caratteristiche del nuovo telescopio è la capacità di osservare gli oggetti più antichi e lontani. Il James Webb consentirà inoltre di cercare la presenza di buchi neri all’interno delle galassie ed il loro rapporto rispetto alla materia visibile. Un altro compito sarà quello di osservare le prime stelle formatesi in seguito al raffreddamento dell’idrogeno e alla costituzione degli elementi chimici più pesanti, necessari alla formazione dei pianeti e della vita.
Alla ricerca degli ESOPIANETI e alle condizioni per la vita
Un altro importantissimo compito del telescopio sarà la scoperta di nuovi esopianeti: con Hubble sono state scoperte decine di esopianeti, si è stati in grado di determinare la loro orbita e la loro dimensione, ma è stato meno facile capirne le caratteristiche. James Webb analizzando la luce riflessa degli esopianeti e separandola in lunghezze d’onda distinte potrà invece identificare con maggiore precisione i componenti chimici per determinarne la composizione atmosferica ed eventualmente ipotizzare l’esistenza di vita su questi pianeti.