Da Cambiaso a Magnasco – Sguardi Genovesi


Le famiglie più in vista della Repubblica di Genova nel Cinquecento si danno battaglia per la costruzione dei palazzi più sfarzosi della città. Doria, Spinola, Grimaldi, Lomellino, Pallavicini… Il risultato è un trionfo di edifici di gusto rinascimentale e barocco, con facciate decorate, stucchi, marmi, saloni affrescati, giardini e fontane.

Genova è una città che può essere raccontata anche attraverso i ritratti delle persone che l’hanno vissuta: i selfie di un tempo, li si potrebbe definire. I ritratti rappresentano molto più di un’immagine fissata nel tempo: sono testi di lettura dalla fascinosa complessità che portano in sé, oltre ai caratteri dell’effigiato, una quantità di messaggi diretti o nascosti. Far sfilare i ritratti nelle sale di Palazzo Grimaldi della Meridiana per una mostra significa mettersi in ascolto dei messaggi che le loro immagini contengono. Gli stessi messaggi si fanno più complessi e più intriganti nel caso di ritratti “in veste di”, dove gli artisti sfruttano le potenzialità dell’alfabeto allegorico barocco per parlare di un Apollo che significa bellezza, di un Meleagro che interpreta il coraggio e la determinazione, di una Cleopatra che incarna ricchezza e noncuranza dei beni materiali. Entriamo insieme a Palazzo della Meridiana dove è allestita la mostra “Da Cambiaso a Magnasco. Sguardi genovesi”, organizzata dall’Associazione Amici di Palazzo della Meridiana e curata da Anna Orlando, prorogata fino al’11 ottobre.

In esposizione ci sono una quarantina di tele, databili tra la metà del Cinquecento e la metà del Settecento, nella maggior parte dei casi finora mai esposte al pubblico, provenienti da collezioni private italiane. Per la prima volta a Genova una mostra indaga in modo approfondito, aggiornato e trasversale, l’importante capitolo della ritrattistica dalla metà del Cinquecento – dominata da un gigante della pittura come Luca Cambiaso – fino alla prima metà del Settecento, quando Alessandro Magnasco, Giovanni Maria delle Piane (detto il Mulinaretto) e Gio Enrico Vaymer, danno vita ad una fascinosa alternanza di segnali di euforia e di crisi in una Repubblica di Genova ormai giunta ad una fase avanzata del suo inarrestabile declino. I protagonisti sono Cambiaso e Magnasco, Domenico Fiasella, Giovanni Benedetto Castiglione (detto il Grechetto), Giovanni Battista Gaulli (il Baciccio), Gio Enrico Vaymer, Domenico Piola, Giovanni Bernardo Carbone, Jan Roos, Bernardo Strozzi (soprannominato il Cappuccino), Giovanni Maria delle Piane (detto il Mulinaretto); tutti interpreti di una scuola pittorica in cui l’ispirazione fiamminga si miscela a quella ligure e la commistione delle due scuole d’arte ha creato veri capolavori. Il risultato è uno stile perfettamente connotato e caratterizzato, che fa intendere il diretto e stretto rapporto fra il committente ed il pittore, nell’epoca del mecenatismo. Il trasferimento dello sguardo, dal soggetto ritratto al pittore, si ripropone in tutte le sezioni della mostra:
sguardi di sé
sguardi oltre l’immagine
sguardi innocenti
sguardi di potere
sguardi di bellezza
sguardi colti ed eleganti

Particolare e curato è l’allestimento con video, pannelli didattici, specchi e sequenze dai colori vivaci per dare ritmo, movimento e vitalità al tema e immergere e accompagnare il visitatore nelle varie sezioni. Il ricco catalogo è stato curato da Anna Orlando e Agnese Marengo, insieme ad una dozzina di altri studiosi. “Ogni opera è accompagnata da didascalie molto più esaustive del solito” – spiega la stessa Anna Orlando – “perché l’obiettivo mio come curatrice e di tutto lo staff che ha voluto questa mostra innovativa rispetto a quelle passate, più tradizionali, è di accompagnare per mano il visitatore alla scoperta di ogni particolare per cogliere tutti i dettagli, dall’abbigliamento all’acconciatura, o i significati simbolici nascosti nelle immagini barocche”. Le cinque sale espositive si trovano al piano nobile del palazzo cinquecentesco che appartenne ai Grimaldi, a pochi passi dalla
Strada Nuova, e mettono in scena volti noti e importanti per la storia accanto a volti dei quali non ci è rimasta traccia.

Paola Pettinotti
STORIA DI GENOVA DALLE ORIGINI AI NOSTRI GIORNI.
Biblioteca dell’Immagine
Così scrive Giuseppe Gorani nel XVIII secolo: “Di tutte le repubbliche mercantili, quella di Genova è la più
invidiata, la più denigrata e la meno conosciuta”. Soprattutto nella sua ultima parte l’affermazione è ancora valida oggi. Conoscere la storia di Genova ha un interesse molto più ampio: Braudel ha definito la città “il sismografo ultrasensibile di ciò che accade nel Mondo”. Incontrastata signora del mare, la storia della Superba si snoda in una rete di commerci e battaglie, crociate e arditi intrallazzi che ne fanno una delle grandi potenze medievali del Mediterraneo; poi il Cinquecento, il “secolo d’oro” dei Genovesi, grandi banchieri e splendidi palazzi. Se tutti conoscono la magniloquente descrizione data dal Petrarca: “Vedrai una città regale, addossata ad una collina alpestre, superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica Signora del Mare”, pochi citano però le righe immediatamente successive: “La sua stessa potenza, come è già accaduto a molte città, le nuoce e le reca danno, perché offre materia alle contese e alle gelosie cittadine”. Città di mercanti e di cantautori, di eroi piccoli e grandi, splendide ville affrescate e buia umidità dei “caruggi”. In queste pagine Genova rivive in una narrazione ricca di aneddoti e curiosità, che in tono lieve fa scoprire ai Genovesi come ai “foresti” quella che, a detta dello storico contemporaneo Edoardo Grendi, è “una città bellissima, ma che, per una ragione o per l’altra, non si scopre mai”.


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