Banche e FinTech competizione o collaborazione?
Per il settore bancario da alcuni anni si parla di fenomeno “FinTech”, compagnie a metà strada tra la tecnologia e la finanza: il primo vero esempio di grande portata a livello mondiale è stata la nascita di PayPal che dal 20 luglio 2015 è quotata presso il Nasdaq, la borsa tecnologica di New York. Il termine FinTech deriva dall’unione di due parole: “fin” come finanza e “tech” come tecnologia.
Il FinTech ha come obiettivo finale la digitalizzazione totale del sistema bancario e finanziario usando la tecnologia per rendere il sistema stesso più efficiente.
Vista la loro natura altamente tecnologica, le FinTech sono generalmente nuove imprese che fondano la loro stessa filosofia di affari sull’ICT.
Da alcuni anni le banche, anche italiane, hanno deciso di approcciare il fenomeno per evitare di rimanere spiazzate dalla velocità con cui questo sta evolvendo.
Ne abbiamo parlato con Marta Ghiglioni, Direttore Generale di Italia FinTech, nel corso dell’ABI Lab Forum 2019, che ha avuto luogo presso la Borsa di Milano.
L’intervista
Molti avranno letto negli ultimi anni sul fenomeno FinTech.
Che cos’è effettivamente una FinTech?
Il mondo della Finanza e del Banking è legato alla tecnologia molto più di altri settori. Trovare quindi una definizione precisa del cosa sia FinTech e cosa non lo sia è più complesso rispetto ad altri settori.
L’innovazione tecnologica legata al banking ha raggiunto un livello talmente sofisticato, per cui ha cambiato il modello di business e il modello di servizio al cliente. La FinTech entra in una parte sostanziale dei processi dell’industria bancaria e riesce rapidamente a compiere una delle due trasformazioni indicate. Le banche hanno investito moltissimo in tecnologia ma in certi casi le FinTech sono ancora più rapide.
Perchè le FinTech sono nate al di fuori del sistema bancario?
Tutto è partito con la grande crisi finanzia- ria del 2008-2009. Molte persone all’interno del sistema bancario europeo si sono trovate senza lavoro o hanno dovuto reinventare la propria professione.
Queste persone uscite dal sistema bancario, forti delle proprie competenze tecnologiche e nel contempo esperte nei processi bancari, hanno fondato piccole società con un forte orientamento alle tecnologie, con lo scopo di creare servizi più verticali o specifici che risolvessero quel “problema” che loro avevano affrontato spesso nella carriera in banca, attraverso un sistema nuovo, partendo da una “pagina bianca”.
Senza infrastruttura legacy, tali servizi sono stati completamente ridisegnati con una logica orientata al cliente.
La FinTech opera quasi sempre su di un piccolo tassello del processo bancario, ottimizzandolo grazie alle tecnologie. Andando sul problema specifico del cliente, la FinTech trova la soluzione specifica. Questo sta accadendo in particolare nel sistema dei pagamenti e nel supporto alle attività della Piccola e Media Impresa.
Le prime FinTech sono nate quali emanazioni dei grandi gruppi tecnologici mondiali i cosiddetti GAFA (Google, Amazon, Facebook, Apple), poi sono nate le prime FinTech a Londra. Cosa succede in Europa e a Milano nello specifico?
Londra è stata intelligente nel riuscire ad attrarre e canalizzare per prima le risorse tecnologiche e bancarie per soddisfare una voglia di innovazione che era presente in tutta Europa. Oggi Londra sta soffrendo la situazione legata alla Brexit, per cui varie importanti capitali finanziarie europee si stanno muovendo per diventare attrattive nei confronti delle FinTech. Fra queste bisogna citare sicuramente Francoforte, che già era molto forte per gli operatori tradizionali e Parigi grazie ad una volontà precisa dei governatori transalpini. Milano è tra le città italiane più avanzate nel settore, anche perché un anno e mezzo fa è stato creato un luogo fisico chiamato “FinTech District” che non è solamente un aggregatore di aziende specializzate ma anche una community che abbraccia più di cento imprese ad oggi con cui Italia FinTech collabora attivamente.
Qual è quindi il ruolo di Italia FinTech?
Il FinTech District è un ecosistema orientato all’impresa, sia piccola che grande, che cerca di creare sinergie tra queste. Italia FinTech è invece un’associazione indipendente e no-profit che ricomprende quelle imprese FinTech più mature, che hanno raggiunto una fase di stabilità e sentono la necessità di avere un dialogo coordinato rispetto ad istituzioni ed altri tipi di stakeholder.
Il FinTech District ha quindi un obiettivo di business che Italia FinTech non può avere, ma collaboriamo con il distretto su tutti i temi specifici.
PSD2 e Open Banking sono già una realtà per le banche: anche i clienti bancari meno assidui si accorgeranno di questo grande cambiamento nei prossimi mesi.
La nuova normativa ha accelerato lo sviluppo delle FinTech, anche in Italia?
Assolutamente sì. Ed è singolare che sia stato proprio il legislatore che ha generato questa grande rivoluzione nel sistema bancario. Nel settore dei Servizi Finanziari ovvia- mente non si può prescindere da una rigida legislazione per tutelare il risparmiatore. Gli asset che trattiamo sono quelli dei nostri clienti per cui bisogna averne tutta la cura possibile. Nei prossimi mesi vedremo il propagarsi de- gli effetti della nuova normativa.
Ovviamente abbiamo diversi punti di attenzione: da una parte stiamo collaborando con le banche per analizzare quali sono i rischi associati all’adozione dell’Open Banking.
L’ultima cosa che vogliamo è che si creino attriti o difficoltà nella protezione dei dati dei clienti. Su questo stiamo lavorando moltissimo sui protocolli di sicurezza. Vi è inoltre l’impegno sul fronte della comunicazione verso la clientela, che ancora oggi non è pronta o non è informata sulle novità che arriveranno nei prossimi mesi. Con PSD2 ad esempio per il cliente sarà possibile diventare “proprietario dei propri dati” e quindi trasferirli o comunicarli a terze parti che li potranno gestire fornendo un valore aggiunto. Nei servizi di base vi sarà ad esempio la visibilità aggregata di più conti correnti presenti su varie banche o il pagamento automatico su conto corrente senza passare dalla carta di credito. Ma vi sono anche nuovi servizi più evoluti e nuovi modelli di business quali ad esempio una profilazione più puntuale del cliente in base alla quale potranno essere effettuate erogazioni di credito su specifici bisogni del cliente stesso. Su PSD2 dovrà ovviamente essere fatto un grande lavoro di informazione al cliente ed in generale di educazione finanziaria, proprio perché sarà il cliente che dovrà essere consapevole del nuovo valore dei suoi dati.
Le grandi banche stanno partecipando in modo evidente al fenomeno FinTech, spesso acquisendo quote di capitale in queste nuove società. Le piccole banche salvo qualche esempio di eccellenza sono ancora indietro. Parliamo quindi di collaborazione o di competizione tra Banche e FinTech?
Per il fenomeno è stato attribuito il termine “coopetition” un ibrido tra competizione e cooperazione, che sarà il modello fondamentale di sviluppo. Le FinTech sono aziende che hanno raccolto milioni di Euro per sviluppare prodotti specifici. Anche per le banche vi è e vi sarà sicuramente l’interesse a partecipare e collaborare allo sviluppo di queste società. Allo stesso tempo la FinTech è interessata al “patrimonio” di clienti delle medie e grandi realtà bancarie.
Nel corso del Forum è stato presentato il caso di una FinTech UK che con soli 17 dipendenti in un solo anno ha raccolto più di un milione di clienti. Quanti sono i dipendenti delle FinTech in Italia e quali sono i profili professionali?
Ad oggi i dipendenti delle società nostre associate sono circa 300. Il FinTech è uno di quei settori dell’innovazione in cui vi è un mix tra persone senior e giovani, proprio per il discorso fatto sulla nascita del fenomeno con l’uscita di impiegati e manager bancari dal settore dopo la crisi del 2009. Abbiamo molti sviluppatori software, tecnici informatici che ovviamente esistono anche nel settore bancario, ma tra i senior vi sono esperti di processi bancari e di compliance.
Vista la velocità con cui si sta muovendo questo mondo, dove si vede Marta Ghiglioni da qui a 5 anni e come sarà il mondo del lavoro ed il FinTech District?
Non ho mai saputo dove mi sarei vista in passato, ma ho sempre voluto essere in un punto significativo della catena del valore del mio Paese. Al momento il ruolo di coordinamento e di dialogo tra vari stakeholder mi soddisfa pienamente, ma questo è un settore che cambia molto rapidamente e cinque anni sono davvero un tempo lunghissimo. Forse non in una banca, forse sì, ma una cosa è certa: il distretto di Milano crescerà moltissimo. Per ogni startup che muore abbiamo decine di persone pronte a rimettersi in moto e fondare nuove società forti dell’esperienza precedente. Il turnover in questo settore è davvero rapido e le persone sono altamente motivate e pronte a reinventarsi in continuazione.
Vinceranno le FinTech create dalle GAFA o le FinTech europee?
Questo dipende molto da quanto sarà la collaborazione con i regolatori. Solitamente le FinTech generate dalle GAFA creano nuovi servizi anche al limite delle regole per poi magari essere sanzionate per aver violato le norme.
Le FinTech europee ed in particolare italiane agiscono all’interno di un mercato regolamentato e vogliono subito partire compliant. Anche i regolatori sono più attenti alle FinTech europee e maggiormente interessati al dialogo rispetto ai colossi americani.
Quanto ha influito la Brexit sull’eventuale spostamento delle FinTech da Londra alla piazza di Milano?
Nonostante sia già passato molto tempo, non abbiamo visto molte FinTech passare da Londra a Milano. Non è tanto un tema cittadino ma di ecosistema. Non ultima la ancora limitata penetrazione dei servizi finanziari digitali in Italia. Al momento si sono mosse meglio città come Lussemburgo e Parigi. Una cosa è certa, la questione Brexit ha portato tutti a focalizzarsi sull’Europa continentale e le potenzialità sono enormi. Milano si sta comunque posizionando molto bene per accogliere le nuove realtà digitali.