Coccola golosa, dolce pausa tra la calma della notte e la frenesia del giorno: la colazione, secondo me. Il momento migliore per due chiacchiere rilassate con Martina Arduino.
A 21 anni, nel 2017, diventa prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano e calca palcoscenici internazionali con l’acclamazione della critica e del pubblico. Il Coronavirus e la pandemia la obbligano ad una pausa forzata che nel 2020 viene documentata nel film “Giselle” di Riccardo Brun, Annalisa Mutariello, Paolo Rossetti e Francesco Siciliano, con il montaggio di Maria Fantastica Valmori. Prodotto da PanamaFilm, in collaborazione con il Teatro alla Scala di Milano e Intesa Sanpaolo, la presentazione del docufilm è stata l’occasione per incontrare Martina Arduino, professionista e donna elegante dai modi gentili e dallo stile inconfondibile.
La danza quale ruolo ha nella tua vita?
Mi sono avvicinata al ballo da bambina. Ero determinata e mi piaceva il rigore delle lezioni. Adoravo il profumo del parquet, gli abiti da ballo, ma anche le ore di prova per raggiungere la perfezione. Quando sono entrata all’Accademia del Teatro alla Scala, a 11 anni, non mi pesava impegnarmi in sala e quando ho capito che questo sarebbe stato il mio lavoro ho unito la passione al sacrificio. Dietro ad ogni spettacolo c’è infatti una preparazione intensa perché siamo degli atleti, ma lavoriamo anche sull’emotività in quanto sul palco bisogna tener presente i passi, la presenza del pubblico e la difficoltà di entrare in un personaggio a volte diverso da noi.
Lo scorso anno il Covid ha colpito anche gli artisti: come hai vissuto quel periodo?
È stato un momento impegnativo. Come racconta il film documentario “Giselle”, nel settembre del 2020 il Teatro alla Scala di Milano ha riaperto dopo la chiusura forzata causata dalla pandemia. Dal corpo di ballo ai maître alle maestranze, tutti abbiamo cercato di portare in scena il balletto ideato da Theophile Gautier, ma il numero di contagi e di decessi cresceva a causa della seconda ondata e c’è stato un altro lockdown. Dopo la tristezza iniziale per il sogno infranto mi sono imposta di esercitarmi a casa per essere pronta in caso di riapertura e questo mi ha aiutata molto.
Giselle è un ruolo impegnativo: quali consigli ti ha dato Carla Fracci?
Credo che questa sia una delle sfide più importanti per qualsiasi danzatrice perché si tratta di un grande personaggio che è stato interpretato da grandi artisti. Ci sono tanti passi tecnici e due atti completamente diversi: è un balletto completo che mette alla prova tutti i ballerini e non solo i protagonisti. Carla Fracci ha trasmesso, a me e ai colleghi, molte delle sue conoscenze e soprattutto ci ha detto di essere sempre sicuri e precisi in ciò che facciamo per far sì che un passo sia vero e naturale anche se bisogna costruirlo per renderlo tale. Inoltre, ha sottolineato l’importanza degli occhi, che nella nostra professione hanno la stessa valenza della danza. Ricordo perfettamente i suoi occhi, che parlavano nonostante la mascherina.
La colazione per te è…?
Un momento fondamentale della giornata. Come atleta devo nutrirmi in maniera sana per affrontare le numerose ore di prova.