Ripetiamo spesso che l’Italia è il paese più bello del mondo, anche se finora lo abbiamo fatto senza troppa convinzione come fosse solo una frase fatta o un luogo comune. È servita la pandemia da Covid-19 a farci realizzare che è davvero così, che il nostro paese è bellissimo e che dobbiamo essere orgogliosi del patrimonio di cui siamo custodi, seppure inconsapevoli, da millenni e generazioni. Tanto per iniziare, il nostro piccolo Stato, ponte nel mezzo del Mar Mediterraneo, detiene il numero massimo di beni patrimonio dell’Unesco. Sono ben cinquantacinque distribuiti su tutto il territorio nazionale, al pari solo con la Cina, la cui superficie terrestre è 30 volte più grande. Ma a ben guardare, battendo di Barbara Oggero palmo a palmo il nostro territorio, la ricca varietà da cui siamo circondati è evidente ed è molto difficile raccontarla senza fare torto a qualcuno. Vi sono i luoghi conosciuti da tutti, famosi nel mondo e nostro ineguagliabile blasone. Vere e proprie cartoline di grande magnificenza. E poi ve ne sono tantissimi altri, meno conosciuti fuori dai confini locali ma ugualmente preziosi e caratteristici. In questo viaggio tutto italiano, che sotto lo scacco del virus è un dovere oltre che un obbligo, mi piace far scoprire le piccole meraviglie, una per regione, certa di far la gioia di molti. In questo numero staremo nelle prime dieci regioni italiane per ordine alfabetico; le successive dieci vi attendono nel numero di settembre.
ABRUZZO
Castello di Roccascalegna, Chieti
Dove la pianura inizia a inerpicarsi sulla catena montuosa appenninica si trova Roccascalegna. Un piccolo borgo di 1200 abitanti dominato da un castello di origine medievale che si erge su una sporgenza rocciosa a strapiombo. Del colore della pietra, la rocca si innalza sul verde intenso della vegetazione e – a guardarla dal basso – sembra essere tutt’uno con l’ambiente naturalistico. In origine fu solo una torretta di guardia longobarda che venne ampliata tra il XVI e XVII secolo fino a divenire Castello. Nuovamente visitabile dal 1996, il complesso è composto da torri e camminamenti, rampe di scale e da una cisterna per l’acqua piovana, oltre che da una piccola cappella. E nelle sue stanze è ospitato un museo del medioevo con esposti strumenti di tortura e armi antiche. Tra queste cattura l’attenzione un lanciafiamme bizantino realizzato in cuoio, legno e bronzo, che lanciava un fuoco liquido estinguibile solo con aceto, urina oppure sabbia. Per accedere alla rocca si sale oggi una ripida scala in pietra, che sostituisce l’originale a pioli in legno, da cui pare derivi il nome Roccascalegna. La fatica di giungere sulla sommità è presto ricompensata dalla splendida veduta sui vicoli del borgo sottostante e dalle montagne abruzzesi che portano una brezza corroborante. Una leggenda alberga ancora nelle stanze del Castello. Narra che nel 1646 il Barone Corvo de Corvis avesse reintrodotto la pratica medievale dello Jus Primae Noctis. La prassi che obbligava ogni ragazza appena maritata a trascorrere la prima notte di nozze con il nobile del luogo. Questo avvenne finché una novella sposa, o il di lei marito travestito da donna, accoltellò il Barone nel talamo nuziale. Morente, il nobilastro lasciò l’impronta della propria mano insanguinata su una roccia della torre. Nonostante venne lavata più volte, l’impronta continuò a riaffiorare e molti anziani sostengono di averla vista anche dopo il crollo della parete dove l’arrogante Barone si appoggiò esalando l’ultimo respiro.
BASILICATA
Castelmezzano, Potenza
Inserito tra i borghi più belli d’Italia, e anche tra quelli sconosciuti da scoprire, Castelmezzano è un vero presepe incastonato nella roccia arenaria. Talmente bello da essere diventato negli ultimi anni la location ideale di film nazionali e di spot pubblicitari internazionali. Vi si arriva attraversando una galleria nella montagna, unico varco di entrata e uscita, e quando vi si giunge lo spettacolo è impareggiabile. Il paese, sospeso su un avvallamento provocato dall’erosione delle piogge, è aggrappato alla parete montuosa, tanto da sembrare raccolto in un rinfrancante abbraccio. A seconda della luce del giorno, le rocce che fanno da cornice assumono forme diverse: di becco di civetta, di bocca di leone, di incudine e di aquila reale. Il cuore della cittadina di circa 800 abitanti è Piazza Caizzo con la chiesa di Santa Maria dell’Olmo del XIII secolo, mentre gli stretti vicoli pedonali sono intervallati da piccole cappelle. Le basse case del borgo medievale sono davvero inserite nella roccia, collegate da scale ripide e da stradine in salita (o discesa). Collocato nel contesto ambientale delle Piccole Dolomiti Lucane, il turismo di Castelmezzano nella stagione estiva è popolato da chi vi si reca per il celebre Volo dell’Angelo. Un’attrazione che richiama persone da tutta Europa. Imbracati e fissati a dei possenti cavi di metallo, è possibile infatti librarsi sulla vallata sottostante e giungere in pochi minuti a Pietrapetrosa, la cittadina dirimpettaia. Volare a 400 metri di altezza e a 120km/h è un’esperienza adrenalinica da provare! Solo in andata o, per i più audaci, anche in ritorno.
CALABRIA
Pentedattilo, Reggio Calabria
Frazione di Melito Porto Salvo, Pentedattilo è un borgo di origine greca arroccato sul Monte Calvario. Il suo nome deriva dalla forma della montagna sui cui si erge, che ricorda una mano ciclopica con cinque dita. A seguito di terremoti, frane e flussi migratori che ne avevano segnato il declino per anni, nel 1971 Pentedattilo fu definitivamente abbandonato al
proprio destino dagli ultimi abitanti e diventò un paese fantasma. Solo dopo diversi decenni è partito un progetto collettivo per trasformarlo in un borgo di ospitalità diffusa, grazie al lavoro di associazioni di volontariato e ai fondi della Comunità Europea. Alcune delle diroccate casette in pietra, adornate dalla vegetazione mediterranea selvatica, sono state convertite all’ospitalità turistica, a botteghe artigianali e alla ristorazione. Il paese si raggiunge solo a piedi e le persone lo visitano e frequentano perché inserito in un contesto di grande bellezza naturalistica, dove fare sport e passeggiate. Nella stagione estiva soprattutto è animato da diverse iniziative culturali legate al mondo del teatro, della musica e della fotografia. Ma la storia di Pentedattilo ruota anche attorno al castello oramai distrutto e a una contesa sanguinaria tra due famiglie nobili locali: i marchesi Alberti e i baroni Abenavoli. La leggenda narra che la notte di Pasqua del 1686 il barone Abenavoli uccise tutti gli appartenenti alla casata dei marchesi per un matrimonio negato. La vicenda si concluse con l’intervento del vicerè, un ulteriore spargimento di sangue e fughe nottetempo. Tutto ciò è tramandato col racconto orale e nelle notti di vento, tra le gole delle montagne, si dice sia possibile udire le urla straziate del Marchese Alberti.
CAMPANIA
Parco archeologico di Paestum
Quando nel VII secolo a.C. gli antichi greci posero le basi di questa città, le diedero nome Poseidonia, in onore di Poseidone sebbene la città fosse devota ad Atena ed Era. Conquistata prima dai lucani, divenne Paestum sotto i romani, ma la città non perse mai la sua iniziale vocazione di centro di smistamento commerciale fluviale e marittimo dei prodotti agricoli. Nel corso della sua vita fu molto vivace, ricca e politicamente importante per il ruolo cardine di approvvigionamento che ricopriva per l’intera area. Venne abbandonata attorno al IX secolo d.C., in seguito a un’epidemia di malaria e alla poca salubrità del territorio che decimò la popolazione. Solo in seguito a lavori di costruzione stradale venne riscoperta, nel 1762. Molto del suo patrimonio architettonico è ancora sepolto sotto strati di terra depositati dal tempo, ma la grandiosità si intuisce facilmente. Oltre alle aree abitative e ai luoghi pubblici come l’agorá, il foro e l’anfiteatro, spiccano nella verde pianura anche tre maestosi templi greci in stile dorico. Alla luce sono state riportate anche le mura, sempre di epoca greca, che l’hanno circondata per i quasi 5 km del perimetro lungo tutto il corso della sua vita attiva. Con un po’ di immaginazione e tanta voglia di immergersi nelle vestigia del passato, Paestum è un luogo fondamentale della nostra storia.
EMILIA ROMAGNA
Labirinto della Masone, Fontanellato – Parma
Aperto dal 2015, il parco culturale progettato dal grafico, editore e designer Franco Maria Ricci è il più grande labirinto di bambù al mondo. A forma di stella, si estende su una superficie di sette ettari, e accoglie oltre 200.000 piante di bambù di specie diverse, alte da 30 centimetri fino a 15 metri. L’idea di costruire un labirinto accompagnava Ricci da molto tempo perché, a suo parere, riflette l’esperienza umana nella vita reale, coi suoi bivi e i vicoli ciechi. Si tratta di un percorso di 3 kilometri con al centro uno spiazzo di 2000 metri quadri circondato a sua volta da porticati e saloni per concerti, feste, esposizioni ed eventi culturali. Gli edifici del complesso sono di ispirazione neoclassica e realizzati in mattoni a mano, il materiale tipicamente usato nelle costruzioni padane. Al loro interno sono stati concepiti diversi spazi riservati a una caffetteria e un ristorante stellato, uno spazio gastronomico e al caveau dei culatelli, un bookshop, due suite e una cappella piramidale. Ma è stato soprattutto ricavato uno spazio di 5000 metri quadri dedicato ad accogliere la collezione d’arte di Ricci, composta tra l’altro da cinquecento opere dal XVI al XX secolo. Un luogo dove perdersi e ritrovarsi nella bellezza dell’arte e della natura.
FRIULI VENEZIA GIULIA
Sacrario militare di Redipuglia, Gorizia
Inaugurato nel 1938 ed edificato secondo lo stile architettonico razionalista, il cimitero monumentale di Redipuglia venne costruito per accogliere le spoglie dei soldati italiani caduti durante la Prima Guerra Mondiale. Posto sulle pendici del Monte Sei Busi, su uno dei luoghi più contesi del conflitto, si estende su una superficie di 100 ettari che lo rende il più grande sacrario militare italiano e uno dei più grandi in Europa. La sua conformazione è stata studiata per essere allegorica e rappresentare l’esercito italiano che scende dal cielo alla guida del suo comandante, per percorrere
la via Eroica da cui infatti parte la visita. Nello spazio antistante, la via Eroica alla base della struttura, sono state posizionate trentotto targhe in bronzo delle località carsiche teatro di guerra. Appena oltre è posta la tomba di Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta, soprannominato Il Duca Invitto per le numerose vittorie riportate senza alcuna sconfitta sul campo di battaglia. Deceduto in epoca successiva al conflitto, egli fece richiesta di venir qui tumulato. Accanto al suo sepolcro in marmo rosso della Val Camonica dal peso di 75 tonnellate sono state collocate le tombe dei suoi cinque generali. Alle spalle, salgono verso il cielo ventidue imponenti gradoni bianchi che accolgono, in ordine alfabetico, circa 40.000 caduti della Grande Guerra. Tra di essi vi è un’unica donna: la crocerossina ventunenne Margherita Kaiser Parodi Orlando, la cui lapide in prima fila è contrassegnata da una grande croce scolpita sopra. Risalendo con rispetto e lentezza la gradinata, si raggiunge la sommità, ove sono poste tre grandi croci che richiamano simbolicamente il Monte Golgota e la crocefissione di Cristo. Lassù, dentro due grandi sarcofagi, sono stati accolti i resti di altri 60.000 militi ignoti. Un luogo quasi irreale per il silenzio che lo circonda e che riconosce dignità a migliaia di giovani, mandati a morire talvolta senza sapere bene il perché. E che sembrano oggi parlare attraverso le fronde degli alti cipressi adornanti il viale e la chiesa eretta anch’essa sulla cima.
LAZIO
Necropoli etrusche di Cerveteri Tarquinia, Roma e Viterbo
Nel nord del Lazio, tra le province di Roma e Viterbo, una decina di secoli prima della nascita di Cristo era stanziale la società etrusca. In questa vasta area sono state ritrovate due grandi città-necropoli, tra le più importanti del Mediterraneo. I due siti sono infatti i primi esempi di nuclei sepolcrali in Italia, riservati a famiglie nobili e facoltose, aventi ciascuno caratteristiche distintive. Cerveteri è un vasto sito di circa 20.000 tombe a camera, strutturate con una pianta urbana simile a un centro abitato. Le tombe sono tumuli conici ed edifici a più piani, con scale che vi conducono e camminamenti, incroci, piazzette e quartieri definiti in base allo status sociale delle persone inumate. Paragonabili a dei mausolei di famiglia, le tombe di Cerveteri richiamano le case e i templi etruschi, di grandezza e magnificenza diverse a seconda dell’importanza e della ricchezza. Sebbene sia scarno, l’interno è visitabile e si possono vedere le camere centrali e quelle minori, dove venivano disposti gli oggetti di uso quotidiano e i letti di pietra destinati alle deposizioni delle spoglie mortali. Il complesso è immerso nel verde, con erba e muschio a ricoprire le strutture, e mostra un piacevole fascino selvatico. Se la città dei morti di Cerveteri ha importanza dal punto di vista architettonico, quella di Tarquinia è invece rilevante per gli affreschi pittorici. Quest’ultima è una necropoli sotterranea, i cui sepolcri sono composti da un’unica stanza per ospitare una sola coppia. Alle tombe si accede scendendo delle scale strette e un po’ scivolose, giungendo fino a una porta vetrata che permette di guardare all’interno e osservare le pitture riproducenti scene di vita quotidiana di epoca pre romanica. Immagini che per noi hanno grande valore nel raccontarci la vita di quel tempo, mentre per gli etruschi era il perfetto viatico che li accompagnava nel viaggio verso l’aldilà.
LIGURIA
Triora, Imperia
Abbarbicato sulle Alpi Marittime nell’entroterra ligure, Triora è famoso per essere il paese delle streghe. La storia narra che tra il 1587 e il 1589 decine di donne furono qui accusate di stregoneria perché ritenute responsabili delle continue carestie e pestilenze, del mal tempo, dell’uccisione di bestiame e persino di atti di cannibalismo verso i neonati. Le cronache dell’epoca riportano la crudeltà di quell’inquisizione, tanto che Triora venne definita la Salem d’Italia. Invece di essere rigettata e dimenticata, la vicenda è diventata il fulcro della vita turistica di Triora. Tanto che alla stregoneria è stato dedicato un museo e molte porte sono decorate con disegni delle streghe. Inoltre, in estate si tiene la festa a tema della Strigora e altri eventi si svolgono a inizio novembre, durante la notte di Halloween. Per il resto, il paese è un posto tranquillo dove il tempo scorre lento e in certi vicoli stretti della Cabotina pare addirittura essersi fermato. Vi si trovano ancora i resti della cinta muraria medievale, di torri difensive e di un antico castello sul punto più alto. Immersa nel contesto montano della Valle Argentina, è scelta dagli amanti del trekking e delle attività sportive come mountain bike e free-climbing per una piacevole pausa ristoratrice.
LOMBARDIA
Incisioni rupestri della Val Camonica, Brescia
Insignito del titolo di Patrimonio dell’Unesco nel 1979, il complesso delle incisioni rupestri della Val Camonica è stato il primo sito italiano a ottenere il prestigioso riconoscimento. Il valore delle incisioni è straordinario perché si tratta di una delle più ampie collezioni di petroglifi al mondo e sicuramente la più importante di tutta Europa. Infatti, in un’area di 70 km sono state trovate sinora circa 300.000 figure incise su più di 2.000 rocce a cielo aperto, sparse su 24 comuni del bresciano. Le incisioni furono realizzate nell’arco di 8000 anni, fino al I millennio a.C. Osservandole si nota l’evoluzione degli stili di vita del genere umano: dal nomade cacciatore del Mesolitico (VIII-VI millennio a.C.) allo stanziale agricoltore del Neolitico (V-IV millennio a.C.); dall’introduzione di utensili e armi metalliche alle scene di esaltazione della superiorità attraverso l’esibizione della mascolinità nell’Età del Ferro, periodo a cui risale circa il 75% delle incisioni. Talvolta i petroglifi sono figure a sé stanti, altre hanno la logica del racconto per riportare un rito religioso, una scena di caccia o di lotta. La rappresentazione è fatta attraverso figure umane, forme geometriche e ideogrammi ricorrenti per simboleggiare riti celebrativi, commemorativi, iniziastici e propiziatori. Da queste incisioni arriva il simbolo della Rosa Camuna, adottata dalla Regione Lombardia come proprio marchio. Scoperte nel 1909, le incisioni ebbero maggior risalto in ambito scientifico a partire dagli anni ’30. Il loro studio proseguì negli anni successivi e oggi il complesso è suddiviso in otto parchi dove è possibile camminare tra le rocce incise come fossero un grande libro di storia raccontata dalla mano dei nostri antichi predecessori.
Si ipotizza sia stato possibile grazie a un fungo con proprietà antibiotiche e antibatteriche presente nel terreno dove furono sepolte, che ha permesso ai corpi di disidratarsi sino all’essiccazione. Vennero rinvenute nel 1833 durante gli scavi per spostare tutte le inumazioni a seguito dell’editto napoleonico di Saint Cloud che obbligava la sepoltura fuori dalle mura degli abitati urbani. Trovate già mummificate, furono quindi poste nelle teche dove sono ancora custodite. Grazie a esami successivi, ciascuna di loro ha rivelato parte della propria storia. Dalla giovane donna morta di parto al ragazzo accoltellato con lo squarcio ancora aperto sul petto, alle ferite mortali riportate da un uomo investito da un carro, sino alla pelle d’oca di un uomo che fu sepolto in stato di morte apparente. I corpi conservano infatti ossa e pelle, nonché organi interni e talvolta i capelli e gli organi genitali. Ciò ha permesso alla scienza di indagare e stabilire dal punto di vista medico quali fossero le condizioni di salute dell’epoca passata, scoprendo il diabete, la polmonite e anche forme acute di artrite tra le patologie presenti. I racconti delle guide fanno da contraltare alla sensazione di disagio avvertita in questo luogo e anche quando viene mostrato, contro luce, un cuore umano essiccato e trafitto da uno stiletto. Materiale degno di un romanzo gotico.