Maki Mandela – Alla Torino Fashion Week porto i valori di mio padre Nelson


La figlia del Premio Nobel per la pace ha ereditato da lui grinta e determinazione, oltre ad un profondo senso di giustizia. Maki Mandela, come il padre, ha però anche un interesse per la moda. Nelson amava le camicie sgargianti, simbolo di libertà. Lei, invece, firma outfit in onore del Sudafrica che si potranno ammirare alla settimana della moda torinese.

Nata a Johannesburg, è la figlia maggiore del Premio Nobel per la pace Nelson Mandela. Sociologa e antropologa, ha lavorato per numerose istituzioni accademiche sia in patria sia all’estero e nel 2017 con la figlia Tukwini ha fondato “House of Mandela” per sostenere le comunità africane, soprattutto per quanto concerne questioni sociali come la povertà e l’analfabetismo. Tra le numerose attività che queste due donne coraggiose portano avanti con successo c’è anche la moda e nel 2021 Maki e Tukwini Mandela hanno presentato alla Torino Fashion Week la capsule “The Struggle Series” disegnata in onore dell’ex Presidente del Sudafrica.
I disegni originali sono stati realizzati da Nelson Mandela e raffigurano diverse mani, strumenti potenti che possono ferire o guarire, punire o sollevare.

Dopo il successo della scorsa edizione anche quest’anno Maki parteciperà alla Torino Fashion Week organizzata da Claudio Azzolini che si terrà a Villa Sassi dal 6 al 14 luglio. Sia lei sia il founder della TFW riceveranno inoltre il prestigioso premio “La Moda Veste la Pace”, un riconoscimento pubblico destinato a figure autorevoli che si sono distinte per l’impegno verso l’inclusione o contro la discriminazione e il razzismo.
L’evento è organizzato da African Fashion Gate, un laboratorio permanente di iniziative culturali e interventi concreti contro le superstiti forme ed episodi di razzismo, discriminazione ed esclusione nel mondo della moda, delle arti, dello spettacolo e dello sport.
La celebrazione si tiene in due location prestigiose: a Bruxelles, nella sede del Parlamento Europeo e sotto il suo Alto Patronato, e a Roma presso la Rappresentanza Italiana della Commissione Europea.

Maki, sei tra i pochi figli sopravvissuti di Nelson Mandela.
Nelson ed Evelyn, la sua prima moglie, hanno avuto quattro figli e io sono l’ultima nata.
Purtroppo sono anche l’unica sopravvissuta. Con Winnie, la seconda moglie, ha avuto altri due figli ma uno è mancato qualche anno fa. Da questo punto di vista mio padre e tutti noi siamo stati sfortunati.

Di cosa si occupa “House of Mandela” che gestisci con tua figlia Tukwini?
Mio padre ha sempre creduto che vincere la povertà fosse un atto di giustizia. Per questo con Tukwini abbiamo fondato
“House of Mandela” per migliorare i mezzi di sussistenza delle comunità povere e sostenerle in merito a questioni sociali come la legge, la difesa, l’AIDS, l’istruzione, la salute, l’agricoltura, l’emancipazione delle donne e la promozione di settori energetici alternativi. Per ricavare i fondi necessari abbiamo anche creato uno shop che vende sia opere d’arte, che sono il riflesso della vita e dell’espressione artistica di Nelson Mandela, sia manufatti unici legati alla gioielleria artigiana e alla moda.

In questa attività quanto c’è di tuo padre?
“House of Mandela” è un progetto africano e il senso di appartenenza a questo popolo e a queste radici mi è stato tramandato da Madiba. Nel suo libro “Long walk to freedom” lui stesso dice di essere stato plasmato dalle tradizioni e dai valori politici e culturali dei suoi antenati.

Madiba è stato in prigione 27 anni. La sua assenza forzata ha influenzato il tuo carattere?
Il mio ricordo di bambina è di un genitore molto presente. Quando è uscito di prigione noi figli e la maggior parte dei nipoti eravamo adulti e avevamo una personalità ben definita. Immagino che non averci potuto accompagnare nella crescita e nell’educazione lo abbia fatto soffrire, ma è vissuto in un ambiente in cui un uomo non manifestava le proprie emozioni per cui non ha mai detto nulla. Mia madre invece mi è sempre stata accanto e dopo il divorzio si è trasferita da Johannesburg nell’Eastern Cape dove ha avviato un’attività.
Per garantirmi un’ottima istruzione mi ha fatto studiare in un collegio in Svizzera e successivamente si è presa cura dei miei figli quando ero all’estero per lavoro.

Come è stato il vostro rapporto quando tuo padre è tornato in libertà?
È stato buono, ma quando si è ammalato per me è stato difficile perché nella nostra famiglia abbiamo difficoltà a piangere. Gli ultimi momenti che abbiamo trascorso insieme sono stati meravigliosi, anche perché con lui c’erano le persone che lo hanno sempre amato. Quello è stato un momento intenso anche per i nipoti, che hanno visto il nonno come un supereroe che sarebbe vissuto per sempre.

Di cosa gli sei grata?
Lui mi ha insegnato ad essere determinata e tenace e mi ha sempre detto che potevo essere tutto ciò che volevo. Senza la sua spinta e il suo incoraggiamento non so se avrei raggiunto i miei obiettivi.

Lo scorso anno alla Torino Fashion Week hai presentato una capsule collection: come è nata la passione per la moda?
Mia figlia Tukwini ha sempre amato questo mondo e quando Carmen Abdullh Muhammad – una delle più influenti donne afroamericane di Los Angeles, founder del Collettivo Al Nisa Designs e nostra grande amica – ci ha invitate a partecipare alla Torino Fashion Week, ha creato una sua collezione ispirandosi alla serie Struggle di suo nonno.
D’altronde mio padre è stato un’icona della moda senza volerlo.

In che senso?
A lui piaceva vestirsi bene e spesso indossava delle camicie colorate che gli davano l’opportunità di esprimere la sua creatività. Aveva uno stile molto colorato e sgargiante e attraverso le sue camicie ha creato una tendenza senza volerlo.

La collezione street style raffigura le mani: cosa rappresentano?
La capsule si ispira agli schizzi che mio padre aveva disegnato quando si era ritirato dal mondo della politica. I bozzetti rappresentano la lotta, la condizione umana e sono il simbolo di quello che è accaduto e che sta avvenendo nel mondo ancora oggi. Tutti noi affrontiamo delle lotte nella nostra vita, ad esempio la prigionia che si nasconde nella paura, nella rabbia o nei limiti che noi stessi ci poniamo e che ci impediscono di vivere fino in fondo la nostra esistenza.
Gli schizzi scelti per la collezione descrivono anche le diverse fasi della vita di mio padre e le sue tante esperienze: la prigionia, perché ha combattuto contro un regime razzista e brutale, la lotta per la libertà, l’unione di una nazione che magari un giorno saprà regalare un futuro migliore al Sudafrica.

Quest’anno sarai di nuovo alla Torino Fashion Week: ci anticipi qualche novità?
Innanzitutto ringrazio Claudio Azzolini, founder della settimana della moda torinese, che ci ha volute di nuovo con lui. In questo anno ha fatto molto per noi e, soprattutto, ha fatto conoscere il lato fashion del nostro lavoro, sempre comunque legato ai temi sociali.
Dopo le sfilate saremo insieme a Roma per una serie di appuntamenti prestigiosi che al momento sono top secret. Posso però anticipare che sia lui sia io riceveremo il premio “La Moda Veste la Pace” da parte di African Fashion Gate e sono molto onorata di questo.

Secondo te cos’ha lasciato Nelson Mandela al suo Paese?
Madiba ha trasmesso al suo popolo la speranza e con i suoi 27 anni di carcere ha insegnato a non scendere a patti e a lottare per i propri ideali. Si è fatto promotore di valori come la libertà, la democrazia e l’emancipazione delle categorie più oppresse ed emarginate del Sudafrica. Lui si sentiva par te di una generazione rivoluzionaria pronta ad esporsi in prima persona per cambiare la storia e creare una società migliore. Viveva perché gli altri potessero vivere ed
è morto lottando per la libertà e la giustizia.

Tuo padre per te è?
È l’esempio che lo spirito umano può trionfare. Il suo nome sarà per sempre associato alla capacità di soffrire, di combattere, di vincere sulle avversità, ma sarà anche sinonimo di pazienza, perdono e convinzione che i principi dureranno sempre.


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