Le Nazioni Unite avvertono “Il Pianeta rischia un apartheid climatico”


cambiamento climatico

Inquinamento atmosferico

Il Pianeta è in gabbia: l’ecosistema globale non tollera più l’inquinamento atmosferico, l’aggressione alla terra e al mare, la tossicità delle plastiche. I Governi del mondo sono costantemente seduti ai tavoli dei summit, ma una soluzione non c’è ancora.
“Ci state rubando il futuro” è la frase manifesto della ragazzina svedese Greta Thunberg che con altri attivisti ha fondato il movimento a favore dell’ambiente “Fridays for future”. Fridays perché tutto è cominciato un venerdì di Agosto, quando Greta ha deciso di sedersi sulle scale del Parlamento svedese con un cartello scritto da lei ed uno sciopero individuale sulla crisi climatica mondiale.

Da quel venerdì, tutti i venerdì a seguire, molti paesi del mondo e molti attivisti hanno aderito al grido di Greta. La rivendicazione che sotto forma di un lungo discorso, la stessa Greta ha letto di fronte ai governi delle Nazioni Unite, è la protesta di anni di negoziati falliti, di mari inquinati dalle perforazioni petrolifere, di foreste massacrate e terre sventrate senza nessun altra ragione se non quella del profitto. Il pensiero di Greta e degli attivisti ambientali non è solo mirato al rispetto dell’ambiente di oggi, ma alla preservazione dello stesso per il futuro di giovani che già ora si sentono scippati di una sicurezza che non dovrebbe essere messa in discussione.

Greta Thunberg
L’attivista svedese Greta Thunberg, ha 16 anni, si batte per lo sviluppo sostenibile e contro il cambiamento climatico. È diventata un simbolo, ha seguaci in tutto il mondo ed è la fondatrice di “Friday for Future”.

Cambiamento climatico

Anche le Nazioni Unite descrivono la situazione come allarmante, tanto che il consulente indipendente ONU Philip Alston ha dichiarato che “il cambiamento climatico minaccia di annullare gli ultimi cinquant’anni di progressi nello sviluppo, nella salute globale e nella riduzione della povertà”. L’esperto australiano sostiene, infatti, che in base alle ultime ricerche, i Paesi più poveri sono maggiormente a rischio perché esposti a clima torridi, ed in mancanza di sufficienti quantità di acqua e cibo, sarebbero evidentemente più soggetti ad una dura lotta per la sopravvivenza.
Una percentuale di un +75% è rappresentata dai costi che i Paesi in via di sviluppo dovrebbero sostenere da qui al 2030, e questo nonostante siano proprio loro a generare il tasso più basso di CO2 al mondo (solo il 10% rispetto ai Paesi industrializzati).

Tuttavia, noi non siamo comunque fuori pericolo e anche se gli Stati Uniti di Trump si sono bendati gli occhi, proprio il sesto rapporto dell’ONU sullo stato del pianeta dello scorso Marzo 2019, descrive il danno al clima e all’ambiente come a dir poco inquietante. Eravamo presenti anche noi, l’Italia, al GEO6 (Global Environment Outlook n.6) quando, nel Marzo scorso, oltre duecento scienziati di ben settanta Paesi si sono confrontati ad un tavolo per stabilire le linee guida che aiuterebbero i Governi di tutto il mondo a rispettare e migliorare gli obiettivi di salvaguardia ambientale. Lo studio del GEO6, durato ben cinque anni, ha incluso nella sua ricerca non solo il livello sostenibile globale di emissione di Co2, ma anche la sicurezza alimentare, la salute, lo spreco dell’acqua, l’inquinamento atmosferico e quello dei mari.

Disastro ambientale

Durante il summit che si è tenuto a Nairobi su questo studio quinquennale, il tavolo si è focalizzato maggiormente sulla percentuale di finanziamenti globali necessari per raccordare correttamente le misure economiche, sociali ed ambientali che possano evitare un disastro ecologico irreversibile. Basta pensare alla cifra allucinante di decessi causati da un inquinamento discriminato: nove milioni di morti registrati solo nel 2015.

Un’enormità.

Oltre alla penuria d’acqua e cibo nei paesi poveri, i maggiori responsabili di questo disastro sono gli inquinanti presenti nei sistemi di irrigazione dell’acqua dolce. E’ dal 1990 che si lanciano allarmi sul peggioramento dell’acqua a causa di agenti patogeni, pesticidi, sedimenti, metalli e plastica di cui, e tutti noi ne siamo ben coscienti, si fa uso in modo spropositato ed inutile. Ma nulla cambia. Cosa fare da casa nostra dunque?

Gli scienziati suggeriscono un modello di dieta alimentare sostenibile che ci conduca a ridurre i rifiuti e ad un consumo di cibi più sani, che oltre ad allungare la nostra aspettativa di vita e a migliorarne la qualità, ridurrebbe l’inquinamento provocato dallo spreco alimentare e dai cibi tossici.
Il 33% del cibo buttato nei depositi dell’immondizia, ad esempio, è rappresentata da cibo commestibile e quindi “sprecato” da oltre il 50% dei Paesi cosiddetti ricchi.

Responsabilità ambientale

Non faremo un discorso sull’etica collettiva, ma di certo una riflessione sulla responsabilità che abbiamo nel non distruggere il mondo in cui viviamo è doverosa.
Ulteriore e salvifico consiglio degli esperti riguarderebbe la graduale riduzione, sino all’eliminazione, dell’uso di combustibili fossili, spingendo invece la produzione di bioenergie e combustibili con ridottissima emissione di Co2. Le fonti energetiche sono alla base della cultura mondiale più ricca, ma sono anche quelle che non possono più essere consumate al ritmo attuale. È possibile, ma quanta volontà c’è nel combattere le multinazionali che le producono? Poca a quanto sembra.

L’emissione dei gas alteranti ed un consumo forsennato di energia sono anche gli autori del surriscaldamento del nostro pianeta. L’Accordo di Copenaghen dello scorso Dicembre, infatti, chiedeva l’impegno di tutti a non superare il limite dei due gradi centigradi di riscaldamento climatico. Impegno da soddisfare entro il 2020. Eppure gli esperti dichiarano che siamo ancora lontani. E non solo loro.

Luca Parmitano
Luca Parmitano, 42 anni, è il primo italiano al comando della Stazione Spaziale Internazionale.

Riscaldamento globale

Il nostro astronauta Parmitano ha lanciato un appello, lo scorso 30 Luglio 2019, dalla Stazione Spaziale Internazionale per la missione Beyond, confermando che dallo spazio ci sono segni visibili del surriscaldamento della Terra. Parmitano ha dichiarato che in questi ultimi anni ha visto ghiacci sciogliersi e terre desertificarsi. “Noi dalla Sta-ione – ha affermato – possiamo fare osservazione e posso dire che ho visto, nelle foto mie e dei miei colleghi negli ultimi sei anni, davvero i cambiamenti. Ho visto i deserti avanzare, ho visto i ghiacci squagliare. Spero che il nostro sguardo possa essere condiviso per allarmare la gente verso il nostro nemico numero uno: il riscaldamento globale. Ma anche dare una spinta ai leader per fare tutto il possibile per cercare di migliorare la situazione se non possibilmente invertirla. Non so se sia possibile invertire questo trend, ma sicuramente dobbiamo fare il possibile per rallentarlo e fermarlo”.

Le ricerche condotte ad oggi da Parmitano possono essere un supporto importante agli studi ambientali internazionali, così come quelle che farà prossimamente su Marte e sulla Luna. Attraverso gli scatti prodotti ad alta definizione, gli astronauti hanno infatti verificato che la tendenza del riscaldamento globale ad aumentare non è purtroppo una tesi complottistica. E in attesa del vertice ONU di New York atteso nei prossimi giorni di Settembre con Greta Thunberg che attraverserà l’Atlantico ospite della barca a vela di Pierre Casiraghi, possiamo anche noi, semplicemente da casa, cominciare o continuare, la nostra lotta per l’ambiente.