Ognuno di noi è un essere unico e irripetibile eppure tutti apparteniamo a gruppi diversi a seconda del credo religioso, degli orientamenti politici, delle preferenze sessuali, delle passioni sportive, delle scelte alimentari, degli hobby.
La capacità cognitiva ci porta a decidere quale sia il gruppo più affine a noi nei diversi ambiti e possiamo appartenervi solo ideologicamente, senza un coinvolgimento diretto o senza che altri ne siano a conoscenza.
Ci sono invece persone che dichiarano pubblicamente le loro predilezioni, il loro gruppo di appartenenza con orgoglio, a volte con prepotenza, arrivando a catechizzare gli altri con tono perentorio.
I più pericolosi sono gli oltranzisti che mettono all’indice i diversi e la storia dell’umanità è ridondante di tristi esempi ed epigoni. Ma poi, diversi da chi e da cosa?
Ritengo che il rispetto per le scelte di ognuno, senza che queste vadano a ledere ed offendere gli altri, sia un valore imprescindibile della civiltà. Purtroppo si confonde il rispetto con una “tolleranza” velata di ipocrisia, quando non si arrivi allo stoicismo imperante.
Quante volte ho assistito a sguardi riprovevoli, a linguaggi non verbali in totale dicotomia con ciò che le parole affermavano riguardo persone che dovevano essere valutate per le competenze professionali e non per la loro vita privata. Molti difendono a parole il concetto di libertà e poi si lasciano sopraffare o intimorire dal potere, da chi esercita una qualsivoglia autorità permettendo loro di interferire nella vita.
Tucidide ci ricorda che “Il segreto della felicità è la libertà e il segreto della libertà è il coraggio”.
Fortunatamente ci sono anche individui che sostengono le proprie scelte senza circondarsi da un alone di mistero, non sentendosi dei “diversi” e non privandosi della libertà di esserci e voler vivere al meglio la propria vita.
Mi accade spesso di ascoltare “lezioni di vita” su chi cerca di persuadermi che non si può vivere senza mangiare carne, che solo chi ha avuto figli può sapere come educarli, che non si può non seguire i mondiali di calcio, e potrei continuare con altri innumerevoli esempi che differenziano me da altri. Quando mi trovo con persone ragionevolmente aperte a una dialettica di confronto allora spiego la mia posizione, senza voler influenzare gli altri; altrimenti, dopo aver esposto in modo assertivo cosa ritengo per me sia meglio, sorrido e lascio una futile e sterile discussione a senso univoco.
Da sempre manifesto un atteggiamento liberale e progressista, accolgo le più disparate situazioni sospendendo il giudizio, valuto le circostanze nel modo più oggettivo possibile scevro da coinvolgimenti emozionali, cerco di comprendere, anche se non condivido, una posizione politica, uno stile di vita, una passione.
D’altronde, chi sono io per ergermi a giudice e pontificare le mie scelte? Cerchiamo allora di essere meno insofferenti e meno rabbiosi; sicuramente saremo diversi, ma pur sempre simili.
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