Diritto di replica


Replica di Giovanni Berardi – Presidente dell’Associazione Europea Vittime del Terrorismo (ASEVIT) – all’intervista di Mariangela Salvalaggio a Giuseppe Culicchia, per recensire il suo ultimo libro “Il tempo di vivere con te” apparsa sul numero di settembre di Plus Magazine.

Nessuna sorpresa, per me non è altro che l’ennesima santificazione di un criminale terrorista ed assassino, architettata da uno dei tanti intellettuali nostalgici di una Kultura (appositamente con la K), che domina nel nostro Paese.

Certamente la pietà umana per i morti non deve mai mancare, ma la beatificazione, la riabilitazione mediatica, sociale e umana no. Per chi ne avesse voglia, negli archivi dei giornali degli ultimi quarant’anni, si trovano articoli, libri, saggi, scritti in favore di terroristi autori di decine di attentati e svariati omicidi d’inermi cittadini, che ne giustificano e riabilitano il comportamento.
Come in questo caso per il famoso Walter Alasia, appartenente alle Brigate Rosse che, prima della sparatoria nella quale egli stesso morì, si rese autore di decine di attentati e atti di violenza, tra i quali quello a carico dell’inerme (perché legato e imbavagliato) avvocato Massimo De Carolis, colpevole solo di avere idee diverse da quelle dei Brigatisti.
Questo episodio è significativo perché fu il primo nel quale le Brigate Rosse fecero uso di armi da fuoco. Cioè il primo terrorista a sparare fu Walter Alasia.
Per amore della verità, anche la sparatoria in cui perse la vita Walter Alasia, non è andata così come la racconta il libro. La polizia bussò alla porta della famiglia Alasia, aspettò minuti, prima che da dentro rispondessero che non trovavano le chiavi per aprire la porta di casa.

Walter svegliato dal trambusto, si guardò bene dall’arrendersi e, quando disse al padre di aprire la porta, fece fuoco con la sua pistola centrando in pieno il maresciallo Sergio Bazzega e il vice questore Giovanni Vittorio Padovani, che rimasero uccisi sul colpo, anche se i due poliziotti, sebbene armati, non avevano impugnato le loro armi.
Alasia scappò, saltando dalla finestra che dava sul cortile e sparando, ma i poliziotti fecero fuoco a loro volta centrandolo; altro che esecuzione della Polizia!
Sono passati tanti anni, troppi anni e, molti hanno dimenticato questa storia, come tante altre, tutte diverse, tutte uguali.
Quasi più a nessuno interessa che il nostro Paese visse e subì un’epoca di sangue, violenza, criminalità assurda, che costò più di cinquecento morti, oltre cinquemila feriti e migliaia di attentati; tutto è stato dimenticato, sepolto, devastando la memoria, raccontata e falsamente documentata, principalmente dagli stessi terroristi e assassini.
Oppure dai loro simpatizzanti e fiancheggiatori nostalgici, mentre ad essere condannate sono state le vittime del terrorismo, le vedove, gli orfani e i sopravvissuti.
Rimane per me la sensazione che nonostante i successi delle forze dell’ordine, alla fine, abbiano vinto i terroristi e gli assassini, mai diventati ex, mai pentiti nonostante l’opinione di Culicchia e la tenerezza dei suoi scritti.

 

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