Cinquant’anni di cinema con il maestro del brivido
Incontrare Dario Argento è un po’ come ritornare, improvvisamente, agli spaventi ed ai colpi al cuore che hai avuto da adolescente nel guardare i suoi film. La conferma è stata la platea di centinaia di persone che lo ha letteralmente acclamato durante la scorsa XV edizione di Torino Spiritualità, che mai come quest’anno ha accolto ospiti illustri e di fama mondiale come il nostro “maestro del brivido”. Questo breve ma fantastico viaggio, che abbiamo condiviso con Dario Argento ed i suoi racconti, è partito da uno degli aspetti più significativi della sua creazione: la Notte. E’ “lei”, con la sua ambivalenza fra sogno ed incubo, riposo ma anche spegnimento momentaneo della vita, ritorno a momenti belli o dolorosi, l’unica ad essere meravigliosamente “democratica”. Lo è perché è un’esperienza comune ed è un tempo dove tutto può accadere.
E’ sicuramente vero, ma per me la notte non rappresenta solo la paura. Facendo film, ho capito che ho avuto sempre, sin da bambino, il dono di riuscire a parlare con la mia metà oscura. Ognuno di noi ce l’ha, ma molti non lo sanno o se ne sono coscienti, non vogliono entrarci in contatto. Questo dialogo costante non mi spaventava allora, così come non lo fa adesso, e mi ha regalato il grande dono di riuscire a scrivere delle storie e fare cinema. La Notte per me è un momento molto interessante per questo motivo. Molti dei miei film sono stati creati di notte. E quando scrivo lo faccio da solo, in casa o in albergo, senza televisione e senza telefono. Aspetto. Guardo dalla finestra e spero che qualche cosa arrivi all’improvviso e sia di ispirazione. La notte mi conduce ad eventi straordinari che il giorno, caotico e pieno di rumori, non può consegnarmi. E per questa ragione, da tanti anni, ho anche una paura che mi perseguita: mi spavento nel pensare che questa specie di vaso di Pandora dove ho racchiuso tante immagini, mi scivoli all’improvviso dalle mani e si spacchi. E dopo, tutte le immagini che ho creato si impossessino di me facendomi diventare
pazzo. Questa è la mia paura da adulto. Poi c’è il primo spavento, anzi il mio primo
grande turbamento che ho avuto quando ero molto piccolo: avevo quattro anni e mi portarono a teatro a vedere l’ Amleto. Quando vidi il fantasma del padre mi spaventai moltissimo. Ed è stato allora, insieme alla
scoperta dei libri di Edgar Allan Poe sugli scaffali della libreria di mio padre, che mi sono sentito tanto attratto da quel mondo ed ho capito che in qualche modo sarebbe stata la mia strada.
Critico cinematografico e sceneggiatore, è negli anni Settanta che la sperimentazione del cinema horror trova, per Dario Argento, una vera e propria consacrazione. “Profondo Rosso” del 1975 e “Suspiria”, due anni dopo, confermano il regista quale vero e proprio maestro del genere in tutto il mondo. E anche gli anni Ottanta e Novanta sono anni fertili di successi: “Inferno”, “Tenebre” , “Phenomena”, “Opera” i primi, “Due occhi diabolici” diretto insieme a George Romero ed ispirato proprio a due racconti di Poe, ed ancora i celebri “Trauma” e “La Sindrome di Stendhal”. Negli anni più recenti ha comunque proseguito il suo filone di indiscussa fama con “La Terza Madre”, del 2007, per citarne solo uno. E’ quasi evidente che la figura delle donne – streghe ed assassine, ma anche vittime innocenti – è centrale nelle trame di tutte le sue opere.
Le donne dei miei film sono protagoniste, ma non sono state le donne con le quali ho vissuto che mi hanno aiutato od ispirato. Anzi. Quando la mia ex moglie e la mia ex compagna sono uscite dalla mia vita, io mi sono sentito finalmente libero. E le mie due figlie, sebbene questo abbia dato scandalo, sono volute restare con me e grazie a loro ho vissuto degli anni bellissimi. Da piccole vedevano i miei film e prima urlavano, ma poi ridevano perché capivano la paura. La superavano e addirittura la apprezzavano. Mia figlia Asia ha voluto fare cinque film con me ed io ne sono stato felice. In fondo la paura è quella che nasce dall’uomo primitivo: la paura del buio e dell’oscurità che nasconde le belve feroci che potevano ucciderlo. E’ una paura atavica, c’è da sempre. Così come da sempre esistono streghe e stregoni. Io non credo siano reali. Sono figure fantastiche di cui è piena la lettaratura. Tuttavia, ho girato tanto in Europa per cercarne qualcuna. Sono stato In Francia, in Germania, in Nord Italia. Non le ho trovate. Ma continuo a considerarle delle creature magiche e affascinanti e credo che il successo di Suspiria sia dovuto anche a questo: un racconto che coinvolge un’intera saga di persone che di fatto non esistono. Le mie ricerche non mi hanno fatto scoprire nessuna strega purtroppo. Ma
sebbene non ne abbia scovate, ho vissuto comunque un fatto molto strano che nemmeno i miei amici psichiatri hanno saputo analizzare: una sera, dopo essere tornato nella mia stanza di albergo, ebbi come il desiderio fortissimo di buttarmi dalla finestra. Non ho mai capito il perché. E ogni tanto questo desiderio si ripeteva, per istanti brevissimi. Era come se qualcosa o qualcuno mi volesse trascinare verso quella finestra. Ne rimasi molto scosso perché non sentivo di avere istinti suicidi. Stavo girando un film che mi piaceva e mi sentivo abbastanza soddisfatto. Chiesi aiuto ad un amico medico che mi consigliò di barricare quella finestra con mobili pesanti. Mi convinse che quell’istinto sarebbe durato poco e con quella barricata avrei potuto superare quel momento di apparente disperazione. E l’aspetto ancora più inspiegabile, era che io non lo sentivo come un pensiero orribile, ma come un invito dolce che mi suggeriva di avvicinarmi a quella finestra. Poi è passato e non si è più ripetuto. Tuttavia nessuno dei miei amici psicanalisti e nemmeno io, abbiamo mai capito cosa mi avesse spinto a rischiare la morte.
Avanguardista del genere, Dario Argento è stato un precursore, in Italia, di un filone che negli anni Settanta aveva molti seguaci negli Stati Uniti, ma non da noi: i morti viventi. E’ infatti del 1978, il capolavoro horror “Zombie” che il newyorkese George Romero girò con il regista italiano. Metafora del lato oscuro degli esseri umani, la saga di Romero è stata una forte sperimentazione per Dario Argento, distante dalla sua tradizione cinematografica.
Lo Zombie mi incuriosisce. E’ un personaggio iconico. L’ho scoperto in qualche modo mentre ero in viaggio in alcune isole del Mar dei Caraibi: Guadalupa, Martinica, Haiti. Ricordo bene un episodio che mi colpì moltissimo e che ritengo essere stato un rito voodoo. Ero lungo una spiaggia mentre vidi una donna anziana che intorno ad un falò, insieme a molti altri testimoni, faceva un cenno ad una ragazza molto giovane. La giovane si dimenava insieme ad un serpente che le strisciava accanto. Questa sorta di danza era così particolare ed insolita che rimasi ad osservare con attenzione. Nel giro di pochi minuti la ragazza aveva fatto una buca nella sabbia dalla quale era fuoriuscito un uovo e mentre strisciava, come il serpente, i suoi occhi le si erano assottigliati talmente tanto da essere identici alle fessure del rettile e con un balzo in avanti, pochi attimi dopo, era riuscita a spaccare l’uovo con i soli incisivi. A cosa servisse quel rito, non saprei dirlo. Accadono tante cose strane in questo mondo ma a volte penso semplicemente che ci sono persone che si fanno del male, che magari si drogano e diventano dei morti viventi.
Un altro fatto che ricordo di quell’avventura è che mentre ero in Martinica, un mio amico medico mi portò a visitare un reparto dove si diceva fossero ricoverati degli zombie. Non lo erano di certo. Era una leggenda. Erano dei poveri esseri umani abbandonati. Immagino siano questi i morti viventi. D’altronde, diversamente da quanto si possa pensare di me, faccio sogni bellissimi e non ho mai visto né fantasmi, né streghe o zombie e tanto meno sono stato testimone di eventi occulti.
La spiritualità e religiosità sono due aspetti centrali del recente passato di Dario Argento.
Sono stato lontano da Dio per molto tempo. Da ragazzo avevo fatto le scuole cattoliche e poi, progressivamente, mi sono allontanato fino a non credere più. Non ci pensavo, fino a quando non accadde un fatto: morì mio padre ed una mattina andai ad ascoltare la messa a San Pietro. Mentre il Papa parlava, sentì che qualcosa stava cambiando dentro di me, e cominciai a riavvicinarmi a Dio. E’ stato molto importante perché ha mosso una religiosità che avevo perduto. La preghiera mi ha reso molto più felice oggi di quanto fossi prima di ritrovarla. Ma questo aspetto così intimo non ha comunque cambiato il mio cinema. Ha solo modificato il mio modo di vivere. Tuttavia, restano degli aspetti della Chiesa cattolica che non condivido. O meglio, di alcuni cattolici, o preti, che non mi piacciono: durante una funzione, molti anni fa, il sacerdote che dava messa si scagliò contro gli omosessuali mentre celebrava l’omelia. Io mi alzai in piedi e gli dissi che speravo per lui che Dio gli avrebbe perdonato di aver detto una cosa così orribile. Il prete rimase in silenzio ed io me ne andai. Continuo ad essere quindi critico verso un certo tipo di Chiesa, ma la preghiera ha reso la mia vita più gioiosa . Può sembrare forse strano detto da me, ma è così. Ogni notte e ogni mattina, nascono alcuni alla rovina. Ogni mattina e ogni notte, nascono alcuni al soave diletto, nascono alcuni ad infinita notte.