A maggio Andrea Agnelli raggiungerà il traguardo dei dieci anni da Presidente di Juventus Football Club. È il quarto membro della famiglia Agnelli, proprietaria della società dal 1923, ad assumere il più alto incarico nel club, dopo Edoardo, Gianni e il padre Umberto. Nell’arco di nove anni il Club ha conquistato 8 scudetti consecutivi, 4 Coppe Italia e 4 Supercoppe Italiane, partecipando in modo costante alle fasi conclusive della Champions League, seppur con l’amarezza
delle due finali perse. La sua è dunque una gestione costellata da successi sportivi e da un’indubbia crescita non solo commerciale del Club: basti pensare che nel 2010 il ranking Uefa posizionava la società al quarantatreesimo posto e oggi lo annovera stabilmente al quinto posto; che il fatturato della Juventus è passato dai circa 172 milioni di euro dell’esercizio 2010/2011 agli oltre 621 del bilancio chiuso al 30 giugno 2019; che l’operazione Ronaldo non ha precedenti per volume d’affari generato e ritorno in termini di immagine. Non solo, oggi lo Stadium è un’eccellenza ancora unica nel panorama italiano delle strutture dove vivere il calcio a 360 gradi, il Museo della Juventus è tra i 50 più visitati d’Italia e Torino tutta beneficia della riqualificazione di un’area vasta della città e di un nuovo centro medico.
Carriera professionale
Torinese di nascita, classe 1975, si è formato a Oxford, al Saint Clare’s International College e all’Università Bocconi di Milano. Ha iniziato la sua carriera professionale nel 1999 alla Ferrari Idea di Lugano, con il compito di sviluppare il marchio. Un anno dopo si è trasferito a Parigi per assumere la responsabilità del marketing di Uni Invest SA, società della Banque San Paolo specializzata nel risparmio gestito. Successivamente ha lavorato alla Philip Morris di Losanna, occupandosi prima di marketing e poi di comunidi cazione esterna, esperienza che più volte ha definito come una “scuola di management e di vita globale”. Nel 2005 rientra a Torino e da allora ricopre ruoli apicali, in primis nel Consiglio di Amministrazione dell’IFI Spa – oggi Exor – e in FCA. Dal 2017 è Presidente della Fondazione del Piemonte per l’Oncologia. In ambito calcistico è membro del Comitato Esecutivo dell’Uefa e Chairman della European Club Association.
Premio come “Torinese dell’anno”
Figlio di Umberto Agnelli e Allegra Caracciolo, è padre di tre bambini, due avuti con Emma Winter e l’ultima nata nel 2017 dalla relazione con la modella turca Deniz Akalin, già mamma di un’altra bambina avuta con l’ex direttore marketing della Juventus Francesco Campo. Una compagna e quattro figli, con poco tempo libero che dedica esclusivamente a loro, sempre nel massimo riserbo e il più possibile lontano dai riflettori. Così, stupisce vederlo presentarsi con tutta la famiglia, piccoli e mamma compresi, in occasione della consegna del Premio come “Torinese dell’anno”, riconoscimento attribuitogli dalla Camera di commercio di Torino alla fine dell’anno scorso. “Riconosco nel mio carattere i tratti che sono propri di questa città, come la riservatezza” ammette prima di iniziare a raccontare il suo percorso professionale e umano che ha visto la sua città e le sue origini spesso centrali e talvolta suo malgrado. “Inizialmente l’idea era di stare lontano da Torino il più a lungo possibile, sia per formarmi professionalmente sia personalmente. All’interno di aziende di famiglia temevo che ogni mia idea sarebbe stata vista come buona. La vita, però, ha scelto per me e con la scomparsa di mio padre ho deciso di rientrare. Oggi non ho più timori e credo di saper riconoscere un complimento sincero da uno che non lo è. Poi mi ha dato sicuramente forza il fatto di provenire da una famiglia dove l’essere normale viene visto come straordinario”.
La Juventus
Ritornando al 2010, qualcosa di diverso c’era quando salì ai vertici della società bianconera. “La Juventus aveva già scritto la storia del calcio, ma con qualche ruga di troppo. Tuttavia, senza la passione, i piani strategici e gli investimenti che abbiamo realizzato, questa società sarebbe stata solo un altro dei ricordi della città, un ricordo vivo e presente, ma pur sempre un ricordo. La Juventus oggi è invece una società leader in Europa che dà lavoro a oltre 900 persone, il triplo del 2010, di cui 650 assunte in questi anni. In questo territorio evidentemente depresso abbiamo attirato 400 milioni di investimenti per riqualificare una intera porzione del territorio. Siamo una realtà industriale ed anche un marchio riconosciuto e riconoscibile: nel mondo siamo abituati a sentire associare il nome Juventus a quello di Torino”.
L’azienda di calcio oggi
Nel ringraziare tutti per il premio ricevuto ha rimarcato con fermezza che una persona da sola non fa la differenza. “Nel 2010 il gruppo che ho l’onore di guidare è partito da un pensiero semplice: Juventus= calcio. Su questa definizione basica si è costruito tutto il resto. Ci si può chiedere cosa significa essere un’azienda di calcio oggi; cosa serve per offrire lo spettacolo calcistico al maggior numero possibile di persone; cosa è necessario per preparare questo spettacolo; come si crea valore in questo comparto. Queste sono domande che ciascuno di noi si pone indipendentemente dal settore in cui opera. Il dibattito in questo momento sulla città di Torino è puntellato di proposte, di analisi, di riflessioni, di critiche. Dinanzi a tutto questo Torino poteva rimanere quasi ferma, attonita, davanti ai propri ricordi, di prima Capitale e con i 150 anni di storia dall’Unità d’Italia, ed invece Torino ha sempre dimostrato di avere la capacità di illuminarsi, pensate ad esempio al milione di persone che viene qui per visitare la Venaria, realtà museale che neanche esisteva fino a venti anni fa, oppure ad eventi internazionali come Artissima. Realtà come la Reggia, Artissima e la Juventus hanno un comune denominatore che le fa prevalere a livello globale: sia chi agisce nel privato sia nel pubblico si fa guidare dalle priorità e dal perseguimento di obiettivi precisi: attrarre investitori, collezionisti, visitatori. Concentrarsi ogni giorno sulle priorità ha, però, un onere: significa decidere senza accontentare immediatamente tutti. Così facendo, anche chi oggi si lamenta, domani dovrà ricredersi.
La disponibilità verso gli altri
Come ho imparato da mio padre, bisogna avere la caparbietà per raggiungere gli obiettivi, è troppo facile cambiare continuamente idea. Torino e i torinesi sanno procedere per priorità e i risultati sono il frutto non dell’operato del singolo ma delle decisioni che il gruppo ha saputo prendere”. Difficilmente chi si affaccia oggi al mondo del lavoro rimarrà nella stessa azienda per molti anni. “Indipendentemente dal contesto, la differenza la fanno le persone e la capacità di attrarre talenti che possano portare contributi importanti. Quello che dico ai giovani è quello che mi sono sentito dire tanto tempo fa: anche se siete consapevoli del vostro potenziale e dei vostri mezzi, in qualsiasi azienda entriate ricordatevi che nessuno vi conosce e la prima qualità per la quale verrete giudicati è la disponibilità che saprete dare alle persone che lavorano con voi. Il fatto che siate già in ufficio quando il vostro capo arriva e che lo siate anche quando il vostro responsabile esce dall’ufficio, all’inizio sarà fondamentale, per quanto questo aspetto non sia figlio di un percorso di competenze”.