La vita ha scelto per lei. Studentessa universitaria, ha scoperto di amare la ristorazione grazie al suo futuro marito e dai libri di scuola è passata a quelli di cucina. Il risultato? Luisa Valazza Marelli è tra le chef stellate più influenti d’Italia. ”Immagina un luogo dove tutto è pensato per te che sei alla ricerca di profumi e sapori inimitabili e, se lo desideri, per un soggiorno in completo relax”. Questa è la frase che si legge nell’home page del sito di questo ristorante incastonato tra le colline piemontesi. Soriso, comune nei pressi del Lago d’Orta, è infatti un borgo medioevale dal fascino senza tempo e qui, nel 1981, Angelo e Luisa Valazza hanno aperto l’hotel e ristorante “Al Sorriso”. “Nomen omen” perché lui è un vero maestro dell’accoglienza che vanta una lunga esperienza internazionale nel settore e che pone grande attenzione alla ricerca delle eccellenze gastronomiche regionali. Lei, Luisa Marelli, è invece l’autrice di ricette che indagano nella tradizione locale e che puntano sulla stagionalità dei prodotti. Con i coniugi la figlia Paola, sommelier di alto livello che seleziona etichette nazionali e straniere mai banali. La ristorazione per loro è un vero family affair che non si esaurisce nei confini territoriali, ma che ha portato la chef ad ottenere riconoscimenti come il Gran Premio dell’Accademia Internazionale di Gastronomia, le Stella Michelin e, nel 2009, un lavoro per sviluppare dei menù pensati per la classe business della compagnia aerea tedesca Lufthansa. A differenza di molti colleghi, la signora Luisa è laureata in lettere all’Università Cattolica di Milano ed è autodidatta, ma la passione e la capacità innata di creare menù dal sapore unico fanno di lei uno degli chef più noti del settore. Le sue ricette – dove non mancano la cacciagione, i funghi, i tartufi e le erbe aromatiche – strizzano l’occhio alla cucina del territorio, i profumi e i sapori danzano insieme per deliziare i palati. Perché “Al Sorriso” tutto è improntato sull’accoglienza e sulla filosofia del gusto. Un gusto nel quale le materie prime mantengono intatte le loro qualità organolettiche e sono scelte o coltivate dai titolari in base alla stagione. Abbiamo incontrato la signora Luisa, donna energica e dall’allegria coinvolgente, che ci ha raccontato con generosità del suo lavoro che è anche, soprattutto, un grande amore.
Al Sorriso” è un’avventura che unisce amore e cucina. Ce la racconta?
All’epoca dell’università ho conosciuto il mio futuro marito, che aveva un ristorante a Borgomanero, e oltre a studiare lo aiutavo in sala. Dopo il matrimonio abbiamo deciso di trasferirci a Soriso e di acquistare l’albergo che apparteneva alla Famiglia Zucca. Il tempo di restaurarlo e alla fine del 1980 siamo venuti qui. A Borgomanero avevamo già la Stella Michelin e ce l’hanno trasferita. Lo chef di allora era svizzero e ha deciso di tornare nel suo paese così ho preso io le redini della cucina. Secondo mio marito era un azzardo, visto che non avevo studiato nel settore, ma ho voluto provare. Ho cercato di ricordare la gestualità dello chef nel cucinare, i tempi di cottura che utilizzava e, con mio e nostro stupore, i piatti tornavano indietro vuoti. Segno che alla clientela piacevano.
È stato complicato essere autodidatta?
Ho fatto molti sacrifici e ho dedicato tante ore al lavoro, anche perché ho voluto studiare e fare ricerca. Avevo capito di essere capace, ma sapevo di essere agli inizi di questo percorso per cui ho cercato la mia strada. Ho ragionato in termini artistici perché ho sempre pensato che frutta, verdura e carne abbiano dei colori belli da vedere Mi sono occupata dell’impiattamento e ho letto i testi sacri della cucina per andare a fondo, conoscere il prodotto, le sue proprietà organolettiche, l’abbinamento con le spezie e i loro profumi per utilizzarli al meglio e valorizzarli. Ho approfondito la cucina regionale, ma non perché volessi le Stelle Michelin o le Forchette, bensì per non proporre sempre le stesse ricette ai clienti.
Cosa non manca mai nella sua cucina?
La ricerca, fondamentale per interpretare le vecchie ricette o quelle regionali e portarle ad una versione più moderna togliendo, ad esempio, l’eccesso di burro o di grassi o le farine usate per legare. Poi l’entusiasmo e la passione perché questo è un lavoro di grande fatica. Come mamma mi sono occupata non solo del ristorante, ma anche della famiglia e
della casa, ma noi donne abbiamo un grande spirito di sacrificio e riusciamo a fare tutto.
Quale valore ha il tempo nella ristorazione di qualità?
Rispettare il cibo è basilare e non solo nella cucina di un ristorante, ma anche in quella di tutti i giorni. Per me la conoscenza della cottura dei cibi è importantissima perché non bisogna mai stravolgere la materia prima. Io, ad esempio, sono passata dalla pentola al sottovuoto per mantenere intatti i profumi e i succhi di carni come lo stinco o il maialino.
Il territorio è un ingrediente importante?
Lo è esattamente come lo è seguire la stagionalità dei prodotti e scegliere solo quelli regionali e nazionali.
I miei fornitori sono contadini della zona che lavorano nella trasparenza. Mio fratello ha un orto e anche io ne ho uno in montagna; inoltre abbiamo delle piante da frutta. Mi piace coltivare la terra e mi entusiasmo a raccogliere quello che semino: dall’insalata non troppo germogliata ai fagioli, che snocciolo personalmente, alle carote che voglio piccole per
gustarne il sapore.
Lavorare in famiglia è un plus?
Sì, anche perché negli ultimi anni non troviamo personale. Molti vogliono il sabato e la domenica liberi. Questo non è un lavoro, ma una missione. Servono passione ed entusiasmo, oltre che altruismo perché regaliamo gioia a chi è a tavola. A me gratifica sapere che le persone hanno mangiato bene e che sono felici dell’esperienza vissuta “Al Sorriso”.
Sua figlia si occupa della cantina. Quali etichette sono predominanti nella vostra carta?
Abbiamo circa 1.500 etichette tra quelle italiane, soprattutto piemontesi, e quelle francesi e altre internazionali più ricercate come le californiane e le australiane. Alcuni vini devono rimanere in cantina anche 5 anni prima di essere serviti per cui il nostro è un investimento anche in termini economici.
“Al Sorriso” è anche hotel. Una scelta particolare.
Abbiamo 8 camere delle quali 6 doppie e 2 singole. Erano già così quando abbiamo acquistato l’immobile. Prevalentemente diamo le stanze a chi cena perché il 70% del mio lavoro è dato dagli stranieri o da chi viene da lontano
per cui i clienti fanno degustazioni importanti e poi si fermano a dormire.
Cos’è per lei mangiare?
Un’esplosione dei sensi. Si mangia prima guardando, poi sentendo il profumo e infine gustando.
Ci regala una ricetta estiva?
Cappesante con salsa al crescione d’acqua, tipico di questi boschi dove le sorgenti sono pulite, condita con un’emulsione di olio extra vergine d’oliva e menta con accanto una terra fatta di pane di segale con granuli di polline che profumano di miele. Natura allo stato puro.