Riccardo Cocciante cantava “Bella senz’anima”. Lei, Martina Colombari, è l’esatto opposto. Modella, attrice e icona sui social, spazia dalle copertine dei magazine al volontariato nel quale è impegnata attivamente perché, dice, non basta essere testimonial. Occorre essere volontari.
La vita di Martina Colombari sembra una favola. Nel 1991, a 16 anni, diventa Miss Italia e subito dopo viene inserita tra le top model dell’agenzia internazionale Riccardo Gay Model Management. Lavora per stilisti del calibro di Giorgio Armani, Gianni Versace, Blumarine, Roberto Cavalli e partecipa a “Donna sotto le stelle” nella cornice di Piazza di Spagna e ad altri importanti eventi televisivi dedicati al fashion.
Collabora con i big della fotografia mondiale, è protagonista di diversi spot televisivi e campagne pubblicitarie e sfila per le più importanti Maison di moda. Parallelamente è co-conduttrice di diversi programmi televisivi e nel 1991 debutta come attrice nel film “Abbronzatissimi”, per la regia di Bruno Gaburro, a cui seguono “Paparazzi” di Neri Parenti, “Quello che le ragazze non dicono” diretto da Carlo Vanzina, “She” per la regia di Timothy Bond e “Bologna 2 agosto… i giorni della collera” per la regia di Giorgio Molteni. Come attrice televisiva partecipa, tra le altre, alle serie “Carabinieri”, “Carabinieri 2”, “Un medico in famiglia”, “I Cesaroni”, “Al di là del lago” e “Il restauratore”.
Nel 2011 firma il libro autobiografico “La vita è una”, scritto in collaborazione con Luca Serafini ed edito da Rizzoli e lo stesso anno partecipa come concorrente al talent show di Canale 5 “Baila!” condotto da Barbara d’Urso. In teatro la vediamo nella commedia “Montagne russe”, nel musical “La febbre del sabato sera” e in “The Best of Musical – Tour Nazionale”. Una vita da favola, dicevamo, alla quale è riconoscente. Accanto ai numerosi impegni professionali, infatti, Martina Colombari collabora con la Fondazione Francesca Rava NPH Italia e partecipa come attivista a “Every Child is my Child” progetto per il quale è co-autrice dell’omonimo libro. Ha inoltre partecipato come ospite ad attività di sensibilizzazione sui disturbi alimentari e alla campagna “Una vita da social” realizzata dalla Polizia di Stato in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ed è attiva con Bebe Vio con art4sport Onlus in supporto allo sport come terapia per il recupero fisico e psicologico dei bambini e dei ragazzi portatori di protesi di arto.
Recitare in TV per lei significa?
Ho scoperto la recitazione per caso. Non ho fatto scuole di teatro e non provengo da una
famiglia di artisti. Dopo Miss Italia la mia carriera ha seguito più strade: sono stata prima modella, poi presentatrice e poi attrice. Trovo che recitare sia interessante perché mi offre la possibilità di vivere i sentimenti di altre donne, ma allo stesso tempo posso portare una parte di me nel personaggio. Questo mix di finzione e realtà fa sì che ogni volta ci si metta in gioco in maniera introspettiva.
Martina e il teatro: a love affair?
Ho avuto la fortuna di debuttare in teatro con Corrado Tedeschi in “Montagne russe”. I primi a portare in scena questa divertente commedia dello sceneggiatore e regista francese Eric Assous furono Alain Delon e Astrid Veillon. Amo il teatro perché mi sento come un artigiano che crea qualcosa di bello. Anche se la presa diretta non permette di rifare una scena venuta male, è gratificante avere il riscontro immediato del pubblico. Ha sfilato per i più famosi couturier.
A parte la bellezza, cosa rende una modella una top come è stata lei?
Credo che, indipendentemente dal lavoro che una donna faccia, servano carattere e personalità perché la bellezza da sola non basta. Karen Mulder, Claudia Schiffer, Naomi Campbell, Yasmin Le Bon e altre top model cavalcavano le passerelle e si percepiva un’allure che inondava tutti. Loro avevano energia e grinta.
È considerata un’icona di stile. Quali sono i suoi must have?
In effetti compaio spesso sulle riviste per un taglio di capelli o un look, ma non ho mai avuto una costumista o uno stylist personale. Amo la femminilità versatile che va dal tubino nero con tacco a spillo, possibilmente in camoscio, indossato con una pashmina color sabbia fino ai jeans di tutti i tipi e le forme abbinati ad una camicia bianca. Nel mio guardaroba, poi, non manca mai un completo da jogging.
Ha mai pensato di creare un brand?
No perché credo che ognuno debba fare ciò che sa. Potrei pensare ad una collaborazione, ma non sono una stilista.
I suoi beauty tips per l’estate?
Detergere bene la pelle, applicare la crema al mattino e alla sera e seguire tutti i passaggi dello skincare. Non rinuncio mai alla protezione solare 50, allo scrub e alle maschere, ma soprattutto mi nutro correttamente.
In questi mesi tante attività sportive sono state bloccate per il Covid-19: secondo lei è importante mantenersi in forma?
Dovremo tutti imparare ad investire nella salute come stile di vita. Ippocrate diceva: “Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina il tuo cibo”. È importante capire che lo stare bene è una forma di sostenibilità perché se seguiamo uno stile di vita sano non pesiamo sullo stato. So che acquistare cibi bio o a km zero è costoso e questo, secondo me, è un gap che andrebbe colmato, ma dovremmo cercare di mangiare sano e in base alla stagione. Inoltre è utile fare attività fisica perché il movimento è fondamentale. Diventare più responsabili e consapevoli di noi e della nostra salute è un dovere.
Tra social network e lockdown, oggi è difficile essere madre di un adolescente?
È complicatissimo essere genitori in questo preciso momento storico perché il mondo è cambiato rispetto ai nostri tempi ed è ingestibile in rapporto ai social network. Con i social i ragazzi hanno tutto velocemente e a portata di mano e possono creare un profilo con un fake ID over 16 senza essere controllati.
Di cosa si occupa la Fondazione Francesca Rava NPH Italia, con la quale collabora attivamente?
Quando mi chiedono qual è la cosa più strana che abbia fatto nella mia vita rispondo essere andata in una missione ad Haiti, ormai circa 15 anni fa. Ho scoperto la Fondazione Francesca Rava NPH Italia ad un evento al Teatro alla Scala e mi sono subito appassionata, ma ho pensato che per essere testimonial dovevo prima fare la volontaria. Essere una volontaria arricchisce, ma è devastante perché ci si confronta con la sofferenza e con la morte. Ad Haiti, ad esempio, un bambino non supera i 5 anni di vita a causa di malattie che da noi sono normali o sono state debellate con i vaccini.
Il suo impegno nel sociale spazia dai disturbi alimentari ad art4sport Onlus. La pandemia ha aumentato la necessità di supportare i più fragili?
Nel 2021 non possiamo più fare finta di nulla verso chi ha bisogno di aiuto. È importante
fare sistema e avere una responsabilità sociale verso gli altri. Noi come Fondazione Francesca Rava NPH Italia dalle prime settimane di emergenza sanitaria abbiamo aiutato 25 ospedali italiani, tra i quali il Bambin Gesù e il Sacco, inviando materiali per le terapie intensive e creando dei reparti maternità per percorsi Covid. Con SOS Spesa abbiamo inoltre supportato i più bisognosi e gli anziani. Sono consapevole che questi due anni sono stati difficili per le famiglie normali, ma credo che tutti noi possiamo fare qualcosa, anche poco. Dovremmo rivalutare i valori, anche se la pandemia ha fatto un reset.