La scalata all’ATP di Lorenzo Sonego


Raggiunta la 32a posizione, l’azzurro entra nell’élite del tennis mondiale

Una strepitosa scalata. Non potrebbe definirsi altrimenti il percorso di Lorenzo Sonego dal 2018 ad oggi. A novembre la tappa viennese – interrotta in finale da Rublev – decisiva nel regalare al tennista azzurro la trentaduesima posizione mondiale e la diciottesima assoluta nella classifica italiana maschile di ogni epoca. Il 25enne, nato a Torino da padre padovano e mamma siciliana, quest’anno è diventato il sesto tennista italiano.

Caparbio e determinato di carattere, forte tecnicamente nel servizio e nel dritto, ha iniziato a giocare a tennis a 11 anni quando era un calciatore delle giovanili del Torino, di cui è da sempre grande tifoso. Poi il padre, compagno in doppio del coach Gipo Arbino, lo fa scendere in campo e da allora l’allenatore è diventato la sua insostituibile guida, sempre al suo fianco, dagli esordi fino a queste prime consacrazioni.

Lo intercettiamo nel primo giorno del nuovo lockdown, di ritorno da Parigi dopo l’uscita al secondo turno dell’ultimo Master 1000 di stagione ma soprattutto dopo aver battuto a Vienna il serbo Djokovic, primo nella classifica mondiale. In questo contesto e visto il pericolo dei contagi associati agli spostamenti, Lorenzo ci conferma di aver deciso, proprio come molti altri suoi colleghi, di dare forfait al torneo di Sofia.

Davvero in pochissimo tempo sei passato dai cento migliori al mondo al 32° posto. Come commenti questa tua crescita così impressionante?
È stata una crescita graduale. Abbiamo lavorato bene con il mio team per fare dei passi in avanti. Il lavoro è stato importante, ho cominciato anche a lavorare con un coach mentale e questo lavoro di squadra ha reso possibile il raggiungimento di questi risultati, buoni e inaspettati. Non mi aspettavo di riuscire a farli subito ma pensavo che ci sarei potuto arrivare solo fra qualche anno, proprio perché non è facile, c’è bisogno di tantissimo lavoro e invece è
bastato quanto fatto fin qui per ottenerli.

In questo percorso di crescita ti è capitato di tutto, fino allo scorso 30 ottobre, quando sei entrato nella storia del tennis italiano. Com’è battere il numero uno del mondo?
Sicuramente ho provato un’emozione bellissima e una soddisfazione che credo mi porterò dietro tutta la vita. A fine partita non avevo neanche le parole per descrivere quello che mi era successo. A distanza di qualche giorno è ancora così. Non ho comunque avuto il tempo di pensarci troppo perché avevo una partita il giorno dopo e dovevo rimanere concentrato.
Sono stato felice anche di battere un grande talento come Evans perché non era mica facile dopo la vittoria su Djokovic. Devo dire, però, che io gioco a tennis per queste partite e per ottenere risultati come questi.

Per la cronaca, l’ultimo italiano a battere un numero uno è stato Fognini con Murray a Roma nel 2017: prima di lui solo Barazzutti, Panatta, Pozzi e Volandri che ha sconfitto Federer. Nonostante ciò, colpisce la tua voglia di restare con i piedi per terra…
Non saprei, forse mi è stata trasmessa dai miei genitori, ma direi che sono sempre stato così. Mi sono imposto di non cambiare, non è che con le vittorie mi sono allontanato dalle mie amicizie anzi ho sempre le stesse persone al mio fianco, il mio allenatore è sempre lo stesso. Mi circondo ecco di persone molto umili che mi aiutano a continuare ad essere come sono. Non sopporto le persone arroganti.

Qual è il successo dei primi anni che ricordi con più piacere?
Nel 2018 all’Australian Open, la prima volta alle qualificazioni di un torneo ATP. Il mio debutto nel tabellone principale di uno Slam. Vinsi il primo incontro battendo Haase, la mia prima vittoria importante. Che era il 43° del ranking, un bell’inizio.

Tornando ad oggi, in questo momento tutti vogliamo che finisca presto il 2020, per ovvie ragioni, Tu come stai vivendo questa pandemia?
È cambiato veramente tutto ma dobbiamo andare avanti e, per quanto mi riguarda, significa continuare ad allenarmi. Per fortuna nei mesi scorsi i tornei non sono stati interrotti, si è potuto giocare, e questo mi ha permesso di distrarmi un po’ e non pensare alla situazione tragica che stiamo vivendo.

Come gestisci la pressione e cosa fai anche fisicamente per restare concentrato?
Ho un carattere abbastanza freddo, non sento così tanto la pressione perché mi piace stare in campo, mi diverte e mi godo veramente il momento della partita. Anche la preparazione la faccio sempre con il sorriso perché mi piace giocare a tennis,
stare sul campo e lottare, insomma mi piace fare questa vita. Anche i viaggi non mi pesano. Sono sereno anche quando perdo, perché non è una sconfitta che ti cambia la vita.

Tutti i campioni fanno una vita di sacrifici veri, tu quali distrazioni ti concedi?
Nel tempo libero mi piace stare con gli amici e con la mia famiglia ma adesso non si può e allora rimango a casa con la mia ragazza. Durante il primo lockdown ho anche cucinato grazie ai suoi consigli. Il mio piatto preferito sono le lasagne. Insieme guardiamo Netflix, ascoltiamo musica e con lei mi sono anche dato al ballo latino, salsa e baciata. Poi andiamo una settimana in vacanza a fine anno.

Cosa sogni per il 2021?
Vorrei giocare le ATP Finals a Torino che è la mia città e questo mi spinge ancor di più a far bene. Per la prima volta nella storia il torneo che elegge il maestro del tennis si giocherà in Italia. Appena ho saputo che sarebbe stata Torino ad ospitare le ATP Finals ne sono stato felicissimo: avere un evento così importante negli anni in cui sei in gara non capita a tutti. E soprattutto pensare che non sei lontanissimo dal poterci essere è per me una grande motivazione. Ho voglia di migliorare ancora per esserci. Diciamo che dal 2021 al 2025 ho tempo per provarci, ma eventi come questi sono un bene per la città,
per tutta l’Italia e per lo sport.

Il Pelé del tennis per te chi è?
Federer. È da sempre il mio idolo.

E il nuovo Panatta?
A lui si stanno avvicinando Matteo Berrettini e Jannik Sinner.

Beh, non ti sbilanci e fai bene ma se il buongiorno si vede dal mattino, ci auguriamo tutti presto di benedire con altri tuoi traguardi questa apprezzabile modestia.

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