Nobel per la pace: ricordiamoci di ricordare


Ogni anno il Comitato Norvegese, composto da cinque au torevoli membri del Parlamento di Oslo, seleziona personaggi e istituzioni che si distinguono per il loro impegno costante e straordinario in campo diplomatico per la risoluzione dei conflitti, promuovendo in ambito globale i diritti umani (ricordiamo Nelson Mandela 1918-2013), delineando un concetto di armonia tra i popoli.

Il 10 ottobre 2024, il Nobel per la Pace è stato conferito, all’organizzazione non governativa “Nihon Hidankyo” che opera nel paese del Sol Levante dal 1956, con la seguente motivazione “per il suo instancabile e costante impegno per realizzare un mondo libero dall’uso delle armi nucleari”, con programmi educativi e seminari in tutto il Giappone, talvolta anche all’estero, attraverso le testimonianze dei “sopravvissuti” alle due bombe atomiche di Nagasaki e Hiroshima (agosto 1945) che hanno avuto un bilancio totale di 210.000 morti, con effetti devastanti e disastrosi per il territorio e la popolazione nel
corso degli anni.

Il Memoriale della Pace eretto a Nagasaki

Pensiamo come sia stato oltremodo difficile descrivere l’indescrivibile e pensare l’impensabile, per comprendere le sofferenze causate dalle armi atomiche. Alla data del 31 marzo 2017 risultavano ancora viventi 164.000 persone che avevano sviluppato malattie connesse con le radiazioni atomiche subite. In Giappone questa moltitudine di uomini, donne e bambini, vengono delineati con il termine di “hibakusha” che tradotto significa “coloro che sono stati colpiti dal bombardamento”, il governo giapponese li supporta con cure mediche ed economiche. Nel memoriale della Pace di Nagasaki e nel parco della Pace di Hiroshima, sono esposte le liste dei nomi degli “hibakusha”, con aggiornamenti annuali, i due memoriali registrano un totale di 485.000 nominativi. Sarà sempre più difficile trasmettere questi messaggi ai più giovani in quanto “i sopravvissuti” stanno invecchiando, ricordiamo che sono passati 80 anni dall’agosto del ‘45. Oggi assistiamo a una proliferazione di test missilistici ad ampio raggio come se una guerra nucleare fosse la più semplice delle opzioni per risolvere le controversie tra Stati.

Nella nostra memoria ricordiamo l’incontro storico tra Michail Gorbačëv e Ronald Reagan nel 1986 a Reykjavik per discutere una riduzione significativa degli arsenali nucleari installati in Europa. I due Presidenti suggellarono il vertice con una frase: “Una guerra Nucleare non può essere vinta e non deve mai esser combattuta”. Ricordate poi la crisi dei missili USA-URSS a Cuba (1962), eravamo veramente a un passo da una guerra atomica, poi i due presidenti Kruscev e Kennedy fecero un passo indietro e tutto rientrò, e l’orologio atomico si fermò un secondo prima, avevo 12 anni in quel periodo ma ricordo perfettamente gli stati d’animo delle comunità mondiali, si costruivano rifugi antiatomici, si pensava a come comportarsi in caso di attacchi, nelle scuole erano pronte simulazioni di sopravvivenza, con un decalogo di cosa “fare e non fare”, per noi era come un “gioco”, non pensavamo alle conseguenze reali di quello che poteva accadere.

Il Parco della Pace di Hiroshima

Nessuno degli attori in campo pensava alle conseguenze che sarebbero derivate da un conflitto nucleare, nessuno si ricordava di quello che era accaduto nell’agosto del 1945, purtroppo noi umani abbiamo la memoria “corta” e non impariamo le lezioni della Storia. Due frasi emblematiche di Albert Einstein (1879 –1955) dovrebbero farci riflettere!

“Io non so con quali armi sarà combattuta la terza guerra mondiale, ma so che la quarta si combatterà con pietre e bastoni”, un’altra frase assolutamente da recepire è “L’uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo al mondo costruirebbe una trappola per topi”. Non dimentichiamoci poi del “Padre” della Bomba Atomica, Julius Robert Oppenheimer (1904-1967) genio della fisica, a capo del progetto Manhattan, una sua frase passata alla storia rispecchia tutta la sua sensibilità “sono diventato morte! il distruttore di mondi”; fu ostracizzato per le sue idee contrarie alla costruzione della bomba all’idrogeno, respingeva il pensiero della diplomazia nucleare basata sulla forza, venne allontanato dalla vita pubblica e in seguito venne riabilitato nel 1963 dal presidente Kennedy. Oggi con il conflitto Mosca–Kiev la guerra nucleare non è più un “tabù” si agita lo spettro dell’arma atomica in un’ottica di escalation militare, assistiamo a un ritorno a livello globale dei Paesi che possiedono un arsenale nucleare.
Durante la guerra “fredda” la bomba atomica era monopolizzata dall’Unione Sovietica e dagli Stati Uniti, in seguito anche Francia e Regno Unito si sono dotati di un’arma nucleare instaurando l’equilibrio del terrore, una sorta di assicurazione sulla vita. Ora Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord sono salite sul treno atomico, per ora senza fermate.
Secondo un calcolo recente, le testate nucleari di tipo strategico capaci di distruggere una città come New York, lanciate da un continente all’altro, con una gittata di oltre 6.000 km sarebbero circa 13.000, ne basterebbero molte meno per cancellare ogni forma di vita sul nostro pianeta azzurro, con azzeramento della nostra civiltà come la viviamo ora.
Una considerazione: la “dottrina nucleare” in atto ha abbassato la soglia per l’uso delle armi atomiche, si paventa la possibilità di ricorrere in risposta ad un eventuale attacco non solo di tipo convenzionale, ma anche in presenza di “minacce percepite”. Si capisce perfettamente, in un quadro come quello attuale, come sia crescente il rischio di un’escalation in contesti di tensione continuativi, senza aperture al dialogo. Un’annotazione è d’obbligo, pensiamo che
il posizionamento di armi atomiche sia limitato alle nazioni che ne sono in possesso materialmente, ma altri paesi sono un “magazzino di stoccaggio” in base ad accordi unilaterali tra i paesi della Nato: alcuni ordigni Statunitensi sono dislocati in Europa, per la precisione in Italia, nelle basi di Ghedi e Aviano, in Turchia nella base di Incirlik, in Germania a Büchell, in Belgio nella base di Kleine, nei Paesi Bassi nella base di Volke, vista la situazione attuale anche la Polonia si dichiara disponibile per ospitare sul suo territorio armamenti nucleari.
In questo contesto vogliamo analizzare gli “strumenti” che verrebbero impiegati in caso di conflitti termonucleari, senza allarmismi da parte nostra. Atomiche strategiche: hanno un raggio d’azione più lungo con capacità distruttive maggiori e su aree geografiche più ampie, con uno scopo specifico, la deterrenza, con obbiettivi al di fuori del campo di battaglia, con capacità distruttiva nel colpire metropoli come Londra e polverizzarle, hanno una potenza compresa da 100 e 1000 kilotoni (un chilotone equivale a una potenza esplosiva di 100 tonnellate di tritolo) quelle che distrussero le città Giapponesi avevano una potenza tra i 15 e 25 kilotoni. Arma nucleare tattica: sono testate nucleari di potenza ridotta, sono pensate per un impiego sul campo di battaglia per colpire aree specifiche in diverse situazioni belliche, con la funzione di mettere fuori uso reparti meccanizzati o mezzi corazzati, compresi reparti d’assalto e truppe speciali, bunker fortificati. A prima vista potrebbero sembrare senza effetti collaterali, ma essendo bombe atomiche le conseguenze negative sono incalcolabili, per esempio una città con una superficie di 55 km quadrati sarebbe polverizzata con effetti collaterali negativi per i territori adiacenti. Per ora non sono mai state utilizzate per timore che il loro impiego possa scatenare una guerra nucleare con testate strategiche. Vorremmo terminare questa nostra escursione soffermandoci sulle parole di Papa Francesco sulla guerra e la sua negatività: Basta fratelli e sorelle, basta! Non soffocate la parola di Dio, la guerra è sempre una sconfitta!”.

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