Libera di essere me stessa: Angela Baraldi racconta “3021”, il suo album verità


Cantante e attrice, Angela Baraldi nella sua Bologna fa le prime esperienze. Erano gli anni Ottanta, gli inizi da corista nella tournée Dalla/Morandi e la partecipazione alla colonna sonora ne “I Picari” di Mario Monicelli hanno dato
il via al suo percorso. Oggi presenta il suo nono album “3021”. Otto brani di cui è autrice, composti insieme a Federico Fantuz, con arrangiamenti che rompono gli schemi, in cui si lascia andare a ispirazioni che rimandano ai tratti misteriosi del cosmo. Nei testi c’è una ricerca raffinata che punta alla semplicità dell’essenziale, in totale esplorazione di sensazioni e sentimenti fortemente umani.

Nel 1990 il debutto con “Viva”, il suo primo album, prodotto da Dalla. Cosa ci dici di Lucio?
Impossibile descriverlo in poche parole. L’ho conosciuto perché entrambi eravamo amici dello stilista che allora lo vestiva. Lucio era una persona che rischiava tantissimo sui talenti. Era molto intelligente, divertente.
Diventare sua amica io l’ho vissuto come un immenso privilegio.

Una carriera ricca di collaborazioni la tua, con artisti del calibro di Luca Carboni, che ha scritto proprio nel primo album il brano “Piccola maga”. Ma poi hai incontrato Ron, De Gregori e molti altri.
Negli anni Ottanta Bologna era in fermento musicale, tutto passava da qui, dalla discografia mainstream a quella alternativa e io in quell’ambiente mi ritrovavo alla perfezione. Andavo a sentire tanti concerti, la musica mi aveva già stregata.

Nel 1993 con la canzone “A piedi nudi” vinci il Premio della Critica al Festival di Sanremo e De Gregori ti chiama per aprire la sua tournée.
Con lui ho anche duettato in “Anidride Solforosa”, poi mi ha richiamata l’anno scorso sempre per aprire i suoi concerti.

Un bel regalo per i tuoi 60 anni.
È stato un ritrovarsi sul palco, magnifico! La cosa bella è aver la stima di questi artisti. Non credo poi così nemmeno tanto meritata.

Parliamo di “3021”. Ci hai lavorato tanto (l’ultimo lavoro “Tornano Sempre” risale al 2017, ndr). Come è nato e che cosa ti auguri ti porti questo album?
Nasce dalla mia voglia di riprendermi dopo la pandemia che mi ha isolato, una solitudine imposta, aggravata dallasensazione che le cose non sarebbero più tornate come prima. Penso ai club dove ho suonato tante volte che oggi non esistono più. Quei club erano parte di un mondo periferico che sosteneva quello più grande. Chi aveva un’etichetta indipendente poteva avere in questi club un calendario di date che diversamente non avrebbe avuto. Con questo album mi auguro di ritornare a suonare in tanti piccoli club. Non si capisce se un disco funziona fino a quando non si incontra da vicino il pubblico.

Un album di ricerca, ma allo stesso tempo misurato.
Ho avuto un approccio più maturo. Mi sono presa delle responsabilità che sono quelle della produzione, che non ho mai  avuto prima. L’equilibrio che si ritrova nel disco deriva proprio dalla consapevolezza maturata grazie al confronto con professionisti che in passato mi hanno guidata. Ho assimilato tanti modi di lavorare e questo mi ha fatto sentire più sicura di me. Di solito il produttore ti fa da contraltare, questa volta ho fatto di testa mia, insieme a Federico Fantuz mio chitarrista e coproduttore e ad Alessandro Sportelli che ci ha registrato in un modo fuori dai canoni e ha uno stile nel mixare davvero creativo.

In questo album descrivi il mondo che sarà nel 3021, fatto di costellazioni vicine e di persone che sono sempre più distanti. Come dobbiamo vivere questo tempo, con nostalgia per il passato o con speranza per il futuro?
Difficile trovare una risposta, posso dire che solo adesso capisco i discorsi che mi facevano i grandi quando io ero una ragazzina. Solo l’esperienza del passato ti permette di fare dei confronti. Noi eravamo più liberi di quanto lo siano i ragazzi oggi, ma non amo la nostalgia fine a sé stessa. Anzi, l’essere giovani e non avere un passato è una grande
ricchezza perché non hai sovrastrutture per interpretare il presente e lo vivi senza avere pregiudizi. Non dico di avere nostalgia del passato perché, per esempio, quando ero giovane io, c’era l’ecatombe dell’Aids: associare il fare l’amore alla morte fu per la mia generazione una cosa molto scioccante. L’esposizione sui social che i ragazzi di oggi hanno, io l’avrei vissuta con estrema difficoltà. Ogni età ha i suoi drammi e le sue debolezze ma sarebbe disonesto dire che si stava meglio prima.

Cosa ti commuove di più?
L’innocenza dei bambini e la vulnerabilità di chi è anziano, ma anche i nostri amici animali. Mi commuove l’essere umano che è in noi che, talvolta, si nasconde per non prestare il fianco. Bello è commuoversi per la bontà di chi aiuta qualcuno che è in difficoltà. La bontà, e non il buonismo, è una forma di intelligenza. Il cinismo e la cattiveria sono all’ordine del giorno, mentre essere buoni richiede più coraggio.

C’è anche una parte di te che si esprime come attrice. Dall’esordio cinematografico con “Come due coccodrilli” diretto da Giacomo Campiotti al ruolo di protagonista in “Quo Vadis, Baby?” di Gabriele Salvatores che ti ha permesso di vincere ben tre riconoscimenti: il Premio Flaiano come miglior attrice
esordiente, l’Efebo d’Oro e l’Iris d’argento al Montreal Film Festival.
Ho avuto la grandissima fortuna di lavorare con dei maestri come Campiotti e Salvatores. Gabriele, in particolare, ti dà delle responsabilità, non ti dice cosa devi fare. I provini con lui non sono semplici, ma nel momento in cui ti sceglie per una parte lo fa perché è convinto che tu possa dare un contributo con le tue idee alla narrazione. Avere la fiducia di un professionista come lui ti carica e ti trasmette una tale sicurezza che è impossibile fare male. Ecco lui sul set ti dice: “E adesso sorprendimi”.

E in quel momento o sei brava o scappi…
Può essere terrorizzante, è vero. Ma sai, Gabriele ti mette a tuo agio, come racconta le barzellette lui nessuno lo fa. Viene dal teatro ed è un grande amante della musica, molte sue sceneggiature partono proprio dalla musica. La musica è quasi la prima cosa a cui lui pensa prima di cominciare a girare.

Sai che ascoltando i pezzi di “3021” non è difficile immaginarli come sonorità per delle scene di un film.
Ma che bello! Il merito è di Federico Fantuz che, tra l’altro, ha fatto proprio un disco in America con colonne sonore di film inesistenti. Questa è proprio la sua cifra artistica.

Hai recitato anche in “Quo Vadis Baby?”, serie prodotta da Sky Cinema, sempre nei panni dell’investigatrice privata Giorgia Cantini, e in Rai nella “Compagnia del Cigno”. E poi anche in teatro, altra tua grande passione.
Ah sì, peccato che oggi non si investa più come un tempo nel teatro. C’è un po’ di staticità di idee nonostante il pubblico non manchi e questa è una vera ingiustizia. Si dovrebbe fare di più per il teatro e avere il coraggio di promuovere chi ha delle idee innovative.

Allora ci vediamo in un club, Angela, dove finalmente ti sentiremo cantare.
Certo, vi aspetto. Non vedo l’ora. C’è un modo di dire: “Canta che ti passa”, sembra banale ma è una verità. Quando canto guarisco da tutti i mali.

 

 


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