Mugnaio di terza generazione e personaggio televisivo di grande popolarità e in costante crescita, racconta l’Italia attraverso i classici della panificazione, reinterpretati per il forno di casa.
Nato a Canelli (Asti) nel 1986, Fulvio Marino cresce in mezzo alle farine di un mulino, la sua azienda di famiglia. Racconta in tv il mondo dei lievitati tutti i giorni su Rai 1 nel programma “È sempre mezzogiorno” dove prepara pani, pizze e focacce svelando ricette, impasti e curiosità. Sempre in tv conduce “Nel forno di casa tua”, in onda su Food Network, e “Il forno delle meraviglie”, su Real Time, con cui gira l’Italia mettendo in gara i panettieri locali. Sposato dal 2016, ha una figlia, Carlotta, e vive ad Alba, dove ha aperto FuocoFarina, una bakery con cucina.
Come autore di libri approfondisce l’origine e le caratteristiche delle materie prime, le tecniche di impasto, le tipologie di lievitazione. Nell’ultimo libro “Tutta l’Italia del pane” ci conduce in un vero e proprio viaggio attraverso l’Italia, un ‘atlante’ tra ricette e segreti della tradizione, alla scoperta delle tipicità regionali. Tutti temi che narra con un’empatia coinvolgente anche in occasione di incontri aperti al pubblico, come è accaduto a Torino durante CioccolaTò.
La prima domanda è d’obbligo. Cosa prepari con il cioccolato?
Il sabato nel mio locale faccio un pane con cioccolato e nocciola che servo con il gorgonzola ed è pazzesco. Un pane dolce può essere servito anche per un pasto. E poi prepariamo sempre i bomboloni con una crema alla nocciola fatta da noi.
Veniamo al libro, lo sguardo ti si illumina quando ne parli.
Arriva dopo un lungo lavoro. Contiene 60 ricette, un pane, una pizza e un dolce per ogni regione d’Italia. Dopo il mio primo libro sul pane, il secondo sulla pizza, il terzo su tutti i dolci. Questo è un po’ la somma di tutto. Racconta la biodiversità italiana attraverso tutti i lievitati con in più l’importanza che ha e che deve avere il pane in Italia.
In che senso?
Noi parliamo di pane molto spesso come simbolo di unione, di pace ma poi non lo mangiamo più. Se ne parla tanto ma è stato un po’ dimenticato. In questo libro cerco di definire qual è il pane buono e di ricordare che dietro ogni pagnotta c’è tutta una filiera fatta di contadini, mugnai e panificatori. Quando acquistiamo un pane buono compriamo, in senso figurato, anche un insieme di famiglie e di terre. Spesso quando si parla di pane è per il prezzo. In modo provocatorio dico che il pane oggi dovrebbe costare 10 euro al chilo. Ne consumiamo in media 80 grammi e se costasse così spenderemmo 80 centesimi al giorno, meno di un caffè!

Tutto parte dalla farina, tu lo ricordi sempre.
Esatto. Io cerco di semplificare il più possibile le preparazioni ma sono convinto che per fare un prodotto buono servano gli ingredienti giusti. Stiamo uscendo dal tunnel di leggere solo farina tipo 0 o tipo 00 ed infatti io aggiungo altri valori.
C’è chi non mangia il pane per non ingrassare. Tu cosa consigli?
Beh, non sono un nutrizionista ma credo sia una questione di tipologia e di quantità. Conta anche il momento in cui lo si mangia, sto leggendo di chi sostiene che per evitare picchi glicemici sia meglio mangiarlo al termine del piatto. Quindi iniziare con le verdure, poi le proteine e infine il pane. Ritorno, però, sulle farine che anche in questo discorso sono importantissime: in 100 grammi di farina bianca c’è più amido, nella stessa quantità di farina integrale abbiamo invece il 20% di fibra e questo aiuta a non far aumentare il giro vita. Oggi le ricerche dicono che il pane fatto con il lievito madre ha un indice glicemico più basso. Ogni giorno poi assumiamo in più occasioni grano, dal croissant del mattino alla pasta, ai crackers e ai grissini. Lo sforzo che va fatto è pensare a quale grano ingeriamo. Questo è il tema. Se mangiassimo la segale, il grano saraceno, il farro tutto cambierebbe.
Sfogliando questo libro ognuno di noi può ritrovare la sua ricetta preferita. Qual è quella che ha più successo e che il pubblico ti chiede più volte di replicare?
La pizza pugliese che è una ricetta vegana, utilissima per far bella figura con gli amici perché semplice ma buonissima: due pomodori spaccati a mano con un po’ di origano e olive e un impasto con olio di oliva da far lievitare in teglia. Altra ricetta tra le più replicate è il pane cafone, campano, buonissimo e la ciabatta. Tutti pani a forma grande, più semplici da fare in casa.
La tua prima pizza, a 12 anni, è stata un disastro, ma da allora non hai mai smesso di mettere le mani in pasta. Cosa ti stupisce ancora oggi, dopo oltre 20 anni di esperienza?
La varietà. Pensiamo alla focaccia ligure. La chiamano tutti così ma in Liguria la fanno in modo diverso da comune a comune. E poi le storie legate al pane, come quella delle streghe di Triora, per rimanere in Liguria. Andando verso sud, ho scoperto prodotti incredibili come il tarallo molisano, fatto con la semola di grano duro o la pizza abruzzese che in realtà non è una pizza ed è fatta senza lievito, ma con il bicarbonato. Stupisce e divide un po’ tutti anche la pizza Rossini, tipica delle Marche, preparata con maionese e uova, buonissima.
Uno dei pani che ti piace di più?
La coppia ferrarese, un pane rinascimentale, molto buono e anche artistico. Uno dei più belli che abbiamo in Italia. Se dovessi scegliere un pane che rappresenti l’Italia all’estero sarebbe lei.
Il tuo lavoro in tv consiste anche nel fare divulgazione sul pane. Qual è il tuo desiderio rispetto alla cultura del pane?
Vorrei che il pane si degustasse come il vino. A partire dalla crosta che andrebbe esaminata per poi immergersi nei suoi profumi e scoprirne la fermentazione, l’acidità, la parte acetica, quella lattica e tutto l’universo che c’è. Poi tocca alla masticazione, facendo passare l’aria in bocca, proprio come si fa quando si degusta un buon calice. Bisogna assaggiare crosta e mollica in tempi diversi. Due essenze all’interno dello stesso pianeta.

Che risposte vedi nel pubblico?
Ci sono persone che vengono nel mio locale per fare una degustazione di pane con sei o sette tipologie diverse, un tagliere servito con olio di olive taggiasche. Questo anni fa sarebbe stato impensabile e dimostra che un cambiamento è in atto. Nuove generazioni stanno aprendo micro-panifici e questo è un segnale di ripartenza.
Sul vino e sull’olio si ragiona molto spesso in termini di qualità mentre sul pane si fa un po’ più fatica. Perché?
Sul vino c’è un racconto sulla provenienza, sulla cantina che lo produce, sul vitigno. Anche sull’olio è così. Grazie a questa narrazione siamo disposti a pagarli di più. Questo racconto manca invece totalmente sul pane. Quando entriamo dal panettiere la cosa più grande che vediamo è il prezzo. Consiglio il mio libro anche a chi non fa il pane in casa, ma leggendolo acquista maggiore consapevolezza sulle materie prime. Fino a qualche anno fa, in Italia il grano non si seminava più, perché conveniva di più lasciare il campo con l’erba, oggi per fortuna stanno nascendo filiere con grani che rendono meno in termini di quantità, ma che sono più proteici e a bassissimo livello di glutine. Un cereale più rustico è anche più sostenibile, cioè non vuole né pesticidi né concimi. Insomma, dovremmo cercare sempre la qualità, anche nella scelta del pane.


















