Intervista a Isabella Corradini presidente di Themis, centro ricerche sociopsicologiche e criminologico-forensi
Siamo a Roma, seduti ad un tavolino del Caffè Greco, in via dei Condotti.
Con me c’è Isabella Corradini, psicologa sociale e del lavoro, criminologa, presidente di Themis, centro ricerche sociopsicologiche e criminologico-forensi, e con tanti altri titoli che la qualificano come una professionista di grande esperienza sia sui temi della sicurezza sia per la sua costante attività di digital awareness: è infatti anche fondatrice del Link&Think Research Lab, laboratorio interdisciplinare focalizzato sugli aspetti etico-sociali dell’innovazione digitale, docente in diversi master universitari e responsabile dell’area “Cittadinanza digitale” di Programma il Futuro, un progetto educativo nazionale operante dal 2014 nella scuola italiana.
Sorride, nel sentire riepilogare tutte le sue qualifiche, mentre il cameriere ci porta il caffè. Poi spiega il perché di questa “missione” centrata sul sottolineare l’importanza del fattore umano.
La realtà del mondo digitale è sempre più complessa e richiede un’attenzione costante, perché l’innovazione tecnologica porta certamente tante opportunità ma anche nuovi rischi. Inoltre, dietro termini che spesso usiamo, come cyberbullying, cyberstalking, revenge porn si nasconde una realtà fatta di persone che soffrono e che si trovano ad affrontare forti pressioni. Si continua a sottovalutare i rischi della rete e non si è pienamente consapevoli del fatto che si perde il controllo di tutto ciò che viene inviato o postato e che proteggere il più possibile le proprie informazioni è oggi fondamentale. Sono anni che mi spendo per far capire alle persone che la consapevolezza è la strada maestra per affrontare un certo tipo di minacce, che il comportamento umano è la principale arma di prevenzione, e che quello che accade in rete non è virtuale ma comporta delle conseguenze reali. Bisogna insistere e tu conosci i miei metodi didattici perché il problema esiste e va affrontato.
Hai scritto un libro in inglese di successo “Building a Cybersecurity Culture. How to Bridge the Gap Between People and Digital Technology” pubblicato dalla Springer nel 2020, che credo sia uno dei più seri tentativi per fare chiarezza su concetti e contenuti per creare cultura della consapevolezza in azienda.
Sì, in effetti è un libro per il quale ricevo parecchi complimenti da diverse parti del mondo (essendo in lingua inglese), perché analizzo il fattore umano in tutte le sue sfaccettature (punti di debolezza ma anche di forza). Inoltre, ho cercato di spiegare come si costruisce una cultura della cybersecurity nelle organizzazioni, che non è qualcosa di immediato, ma un processo che ha bisogno di tempo, e dove il pieno coinvolgimento del management, la formazione e la comunicazione hanno un ruolo cruciale, affinché l’intero processo sia efficace. Spesso ci si dimentica che per costruire qualcosa di duraturo bisogna investire a monte, e questo richiede tempo e risorse.
So che ne stai scrivendo uno nuovo. Di che si tratta? Quando uscirà?
In realtà è un aggiornamento di un testo pubblicato nel 2019, con un cambio di sottotitolo che richiama l’importanza della consapevolezza (“Crimini relazionali nell’era digitale. Aspetti psicologici e sociali per un uso consapevole delle tecnologie”). In questa edizione ho esteso l’attenzione ai fenomeni delle molestie in rete, dal cyberbullismo al cyberstalking al revenge porn, analizzandoli prima nella loro natura tradizionale e poi nel loro manifestarsi attraverso le tecnologie digitali. Ho anche approfondito alcuni aspetti delle molestie sul lavoro (come il mobbing), sia alla luce della convenzione ILO 190 del 2019 (Convenzione sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro) sia tenendo conto dell’evoluzione degli scenari digitali. Infine, ho fatto alcune riflessioni rispetto al futuro che ci attende con l’Intelligenza Artificiale e il metaverso: i temi della sicurezza e della privacy richiederanno un ulteriore sforzo di attenzione.
Aggiungo: il libro è stato appena pubblicato da Edizioni Themis, con cui il Centro ha una collaborazione scientifica, così valorizziamo il lavoro di ricerca che portiamo avanti da anni.
Hai sempre insistito sulla necessità di formazione, specie dei giovani, fruitori spesso inconsapevoli dei veri pericoli della rete. Puoi dire qualcosa ai nostri lettori?
Partiamo da un fatto incontestabile: l’accesso alle tecnologie ormai è sempre più precoce e quindi diventa prioritario l’aspetto educativo. Bisogna aiutare i bambini, fin dalla scuola elementare, ad utilizzare in modo corretto e responsabile le tecnologie digitali.
Si ferma, mi guarda.
Insomma, tutti, bambini e adulti, devono essere cittadini digitali attivi e non consumatori passivi; questo significa stimolare all’uso proattivo degli strumenti digitali, che devono essere governati dagli esseri umani e non subiti.
È un tema che ti è caro e che ha avuto grande rilevanza anche nell’attività promossa da Themis. Ma per scendere nei particolari?
Sì, molto, perché insegnare alle persone l’uso consapevole dei dispositivi e delle piattaforme digitali permette loro di comprenderne i rischi e apprezzarne di più i vantaggi. E non basta parlare ai bambini, bisogna prima di tutto parlare agli adulti, vale a dire genitori e insegnanti. Nel progetto Programma il Futuro, dove seguo l’area della cittadinanza digitale, cerchiamo di fare proprio questo, ovvero sensibilizzare all’uso responsabile degli strumenti digitali, attraverso webinar dedicati e strumenti didattici, come guide ad hoc, che sono indirizzate agli insegnanti, ma contengono anche sezioni specifiche per i genitori. Noi come centro Themis curiamo il monitoraggio dell’iniziativa, e di volta in volta approfondiamo alcuni aspetti specifici. Ad esempio, da un nostro recente monitoraggio, è emerso che (risultato dell’analisi di 1.554 questionari) le attività che stiamo svolgendo nel progetto hanno effetti molto positivi sull’autoefficacia degli insegnanti (si raggiungono percentuali del 90% o più sommando le opzioni di risposta con valore positivo) e che i materiali didattici che abbiamo messo a disposizione (come le guide sulla consapevolezza) supportano molto i docenti. Questo è certamente uno stimolo a continuare su questa strada.
Come vedi le problematiche legate al digitale nel futuro?
Vedo innanzitutto un mondo in evoluzione, e non solo dal punto di vista digitale. Ma limitandoci all’ambito digitale, dobbiamo tener conto di problemi di sicurezza sempre maggiori: pensiamo alla facilità con cui, grazie soprattutto all’Intelligenza Artificiale generativa, si possono costruire deepfake realistici e perfezionare i contenuti delle e-mail di phishing. Oppure pensiamo al metaverso, dove ad incontrarsi saranno principalmente gli avatar, aprendo così a ulteriori opportunità per i cybercriminali. Ci sono poi aspetti più etici e sociali da considerare, come la profilazione degli utenti, la manipolazione del comportamento, la poca trasparenza dei processi decisionali basati sull’Intelligenza Artificiale. Sono solo alcune delle questioni che dovranno essere affrontate da qui ai prossimi anni. Ed è bene procedere fin d’ora in modo etico e responsabile.
Quale consiglio per i lettori di Plus Magazine?
Bisogna essere consapevoli del fatto che siamo immersi in un mondo digitale molto stimolante, ma anche insidioso. Tuttavia, non dobbiamo privarci delle opportunità per paura delle insidie, piuttosto dobbiamo rafforzare le nostre conoscenze e competenze, e non solo quelle digitali, perché in questa fase, dove non c’è giorno in cui non si parli di Intelligenza Artificiale, ritengo che a fare la differenza saranno proprio le scelte e le azioni degli esseri umani. Ricordiamoci che adattarsi ai cambiamenti (anche quelli legati all’innovazione tecnologica) dipende soprattutto da noi.
Grazie, Isabella. Sia di quanto ci hai detto, sia di occuparti di questi temi con tanta sensibilità e passione.
È nella mia natura. E continuerò a farlo, perché credo davvero che valga la pena investire sul fattore umano. I risultati non sono così immediati, ma arrivano sempre.