A colazione con… Saba Anglana


Coccola golosa, dolce pausa tra la calma della notte e la frenesia del giorno: la colazione, secondo me. Il momento migliore per due chiacchiere rilassate con Saba Anglana

Artista poliedrica, si divide tra la recitazione e la musica sviluppando progetti discografici internazionali. Con una distribuzione in 60 paesi, come cantautrice Saba pubblica quattro album nelle lingue del suo albero genealogico che affonda le radici tra Italia e Africa orientale e l’ultimo lavoro, “Ye Katama Hod”, è stato presentato ad Addis Abeba dietro invito della Cooperazione Italiana in Etiopia. Nel 2014 porta in scena come protagonista il monologo, di cui è anche autrice, “Mogadishow” e nel 2016 scrive e interpreta lo spettacolo di teatro musicale “Abebech – Fiore che sboccia – Storia di identità, preghiera e guarigione”. Inoltre, lavora come autrice e conduttrice radiofonica per programmi di Radio2, Radio3 e per la Radio Svizzera. Dopo “Lettera al mio fantasma. Piccola epopea dell’Assenza”, pubblicato con AnimaMundi nel 2018, è tornata alla letteratura con il romanzo “La signora Meraviglia” edito da Sellerio.

Chi è “La signora Meraviglia”?
È una misteriosa maestra di magia che operava a Mogadiscio, ma era Etiope, che praticava l’infibulazione e curava le possessioni demoniache e che in qualche modo restitutiva alle donne un’identità socialmente congrua. Per un rimando metaforico, nel versante italiano della storia, è la Costituzione che viene chiamata così da una signora romana che lavora al patronato e che cerca di smontare la volontà della protagonista, mia zia Dighei, che vuole prendere la cittadinanza italiana dopo 40 anni. La nipote, ovvero io, aiuta con tutta se stessa la zia a prendere questa signora Meraviglia.

Come passato e presente permeano il romanzo?
Nel libro sono figlia del passato e genitrice del futuro. La zia racconta Mogadiscio al presente anche se quel tempo non c’è più, ma in questo modo annulla le distanze. Nei capitoli c’è un rimando serrato e agile tra ieri e oggi e le due dimensioni quasi si rincorrono.

È stato impegnativo raccontare il tuo mondo più intimo?
La scrittura mi permette di avere una distanza dai fatti personali non a livello terapeutico, ma creativo. Racconto sia vicende che mi sono state narrate in famiglia sia i quattro anni passati a chiedere la cittadinanza per zia Dighei. Quando ho visto questo materiale la storia è stata così potente da assemblare tutto in modo semplice e liberatorio. Scriviamo perché si riprenda la circolarità della nostra vita e se si ricompone, abbiamo l’armonia.

Quale tone of voice hai scelto per questo memoir?
C’è un doppio registro: nella parte che racconta il passato in Corno d’Africa la voce narrante è in terza persona, per cui non sono io, e i toni sono lirici mentre quando scrivo del presente in Italia la chiave è ironica perché certe situazioni che ho vissuto con la zia erano davvero grottesche. I due atteggiamenti però si parlano continuamente.

La colazione per te è…?
Il prologo di un libro, un portale che ti introduce ad una dimensione e se lo scegli bene ti fa sentire appagata mentre se lo sottovaluti rende la giornata complessa.