Martina Stella: Gabriele Muccino è stato il primo a credere in me


Ha iniziato la sua carriera di attrice da adolescente. Oggi è una donna che spazia con disinvoltura dal cinema alle fiction al ruolo di mamma. Perché essere multitasking è nel suo DNA.

Basta un film, quello giusto, e la vita cambia. È accaduto proprio questo a Martina Stella che con “L’ultimo bacio”, per la regia di Gabriele Muccino, a 16 anni raggiunse il successo. A questa pellicola nel tempo ne sono seguite altre: “Amnèsia” di Gabriele Salvatores, “Un’estate ai Caraibi” e “Sapore di te” dei fratelli Vanzina per citarne alcune. Nella sua carriera non sono mancati il teatro, per la precisione il musical di Pietro Garinei “Aggiungi un posto a tavola”, e le serie TV: “L’amore e la guerra”, ”La freccia nera”, “Tiberio Mitri – Il campione e la miss”, “Angeli e diamanti” e “Amore pensaci tu” tra quelle più note. Nel 2017 Martina Stella ha anche partecipato alla dodicesima edizione dello show di Rai Uno “Ballando con le stelle”, condotto da Milly Carlucci, dove si è classificata terza assieme al maestro di danza Samuel Peron e dimostrando così di avere anche doti come ballerina.

Quando hai capito di voler diventare attrice?
Già a otto anni sognavo di lavorare nel cinema. Vivevo a Impruneta, nella campagna Toscana, ma volevo assolutamente andare via e sperimentarmi nel mondo del cinema. Il provino d’esordio, a 16 anni, fu con Gabriele Muccino, il primo regista a credere in me. I miei genitori mi hanno sempre sostenuta e la mamma mi ha seguita in ogni mio lavoro. Lei e papà erano preoccupati perché per girare “L’ultimo bacio” persi un anno di scuola, ma io ero irremovibile, in qualche modo ero sicura che quella fosse la mia strada.

È vero che il tuo primo amore, però, è stato il teatro?
Verissimo. Quando ero ragazza i miei mi portavano spesso a vedere degli spettacoli e io poi facevo le prove in camera. Ho anche partecipato alla quarta edizione del musical “Aggiungi un posto a tavola” firmato da Garinei con le musiche di Armando Trovajoli e le coreografie di Gino Landi. Avevo 18 anni e non sapevo cantare né ballare e mi sono ritrovata nel cast di questo grandioso spettacolo che andava in scena al teatro Sistina di Roma. Oggi penso di essere stata coraggiosa, forse anche un po’ pazza, e ricordo di aver avuto diversi intoppi sul palco. Chiara Noschese mi ha aiutata più volte quando steccavo o quando mi bloccavo a scena aperta. Lei mi ha supportata ed è stata fantastica con me. Ancora oggi il teatro è un mio grande sogno, ma avendo due figli non riesco a perseguirlo perché è un lavoro impegnativo, soprattutto quando si è in tournée lontano da casa e dalla famiglia.

Tornando al cinema, quale dei tanti registi con i quali hai lavorato ricordi con maggiore simpatia?
Ce ne sono tanti, ma ai fratelli Vanzina sono molto riconoscente. Loro non mi hanno mai fatto fare un provino perché hanno sempre avuto fiducia in me e ormai siamo amici. Con loro la difficoltà non è recitare, ma non ridere. Durante i primi giorni di riprese c’è un po’ di tensione perché i comici sono molto seri nella costruzione del personaggio e delle battute, ma una volta che si entra nell’atmosfera giusta è davvero difficile trattenersi dalle risate.  Salemme e Abatantuono sono in assoluto gli attori che mi fanno più ridere.

In quale dei numerosi personaggi femminili che hai interpretato ti sei sentita davvero a tuo agio?
In Claretta ne “La lunga notte – La caduta del Duce”, la serie che è andata in onda su Rai Uno per la regia di Giacomo Campiotti, regista che stimo tantissimo e con il quale avevo lavorato già in passato. La protagonista è un personaggio oscuro, complesso ma anche vulnerabile, che ha sempre avuto un rapporto difficile e possessivo con il duce. Per me è stato interessante studiare e cercare di capire le sue ombre, indagare e addentrarmi negli aspetti psicologici di questa donna che fu il grande amore di Benito Mussolini. Ho letto tantissimi libri su Claretta e la cosa che mi ha colpito di più è che in ognuno viene descritta una persona diversa, come se nessuno fosse riuscito a capire davvero la sua personalità.

Come persona cos’hai imparato dalla recitazione?
Questo è un mestiere difficile dove costanza, studio, sapersi mettere in discussione, credere fortemente in quello che si fa sono fattori fondamentali. Se non hai fiducia nelle tue capacità è difficile che gli altri le notino. Io ho una visione romantica del mio lavoro e della vita. Credo che il film giusto arrivi al momento giusto. Nella mia carriera sono stata molto fortunata e dai 15 ai 29 anni ho lavorato tanto, girando anche due film insieme o facendo teatro. Sapevo che sarebbe arrivato un momento in cui il mio ritmo sarebbe cambiato e non ho mai sofferto per questo. Con la nascita della prima figlia e poi del secondo, in effetti, ho tirato il freno a mano, ma sono davvero felice di essere mamma.

Come ti giudichi come madre?
Spero di essere una guida per Ginevra e Leonardo. Sono giocherellona e mi piace la complicità che ho con i ragazzi, ma credo che sia importante saper essere genitore e dire no quando occorre.

Che rapporto hai con le altre attrici?
Sono sempre stata molto bene con le colleghe. Mi piace fare un lavoro di squadra anche se nella vita non frequento attrici, ma donne che svolgono altre attività. Insieme facciamo rete e ci aiutiamo anche nella gestione dei figli, soprattutto nel mio caso quando sono via per lavoro.

Ti piace andare al cinema?
Amo quest’arte in tutte le sue forme. Vado spesso a vedere i film e mi appassionano i maestri della cinematografia italiana e francese. Assistere ad una proiezione in una sala buia mi emoziona e ne avverto tutta la magia. Mi piacciono molto i nuovi autori, i giovani che sperimentano.

Cosa pensi di Instagram & company?
Sono approdata tardi ai social perché sentivo il loro linguaggio molto lontano da me. Mia figlia adolescente, infatti, mi definisce boomer. Un collega mi ha però spinta ad aprire la pagina e sono stata accolta con un grande affetto. Nella vita sono Ambassador per la moda e questo lavoro lo faccio anche sui social. Per me sono un valido strumento di comunicazione.

C’è un film che rifaresti?
In realtà sono due: “L’ultimo bacio” perché mi ha permesso di debuttare nel cinema e poi lavorerei di nuovo con Gabriele Salvatores in “Amnèsia”, una pellicola che mi ha regalato grandi emozioni.

Se non fossi diventata la Martina Stella che conosciamo cosa avresti fatto?
Sicuramente sarei diventata psicologa. Mi affascina studiare la psiche umana e sono andata in analisi per scavare a fondo dentro di me. La terapia mi serve anche per recitare perché mi aiuta a capire meglio il personaggio che devo interpretare. Mi interessa scavare nella sua mente, andare in profondità e raccontare tante storie di donne diverse tra loro.

Quali progetti hai per il domani?
Mi piacerebbe essere diretta da registi del calibro di Garrone, Sorrentino e i fratelli D’Innocenzo, ma adorerei lavorare anche in un’opera prima con una sceneggiatura ben scritta perché l’occhio dei giovani è l’occhio del futuro.