Intervista al Professor Juan Carlos De Martin delegato del Rettore per la Comunicazione la Cultura del Politecnico di Torino.
È nato a Torino il primo “Festival della Tecnologia” in Italia. Ideatore, organizzatore e curatore (insieme a Luca De Biase e al Rettore del Politecnico, Guido Saracco), il Professor Juan Carlos De Martin, che abbiamo incontrato ed intervistato a pochi mesi dallo svolgimento, avendo modo di fare il punto sul grande successo della manifestazione e sugli sviluppi futuri. Abbiamo anche parlato di Intelligenza Artificiale, Futuro del Lavoro e della Formazione.
L’INTERVISTA
Nel mese di novembre a Torino si è svolto il primo Festival della Tecnologia. Come è nata l’idea? Ci può fare una sintesi di quello che è avvenuto e di quello che sarà il futuro di questa iniziativa?
Il Politecnico di Torino è stato fondato nel 1859 quindi nel 2019 l’Ateneo festeggiava i suoi 160 anni dalla nascita. Dal 2017 stavamo valutando una serie di iniziative e di proposte per celebrare questa ricorrenza. Tra le proposte, la più importante era quella di offrire un Festival della Tecnologia, non solo dedicato alla comunità accademica (studenti in primis) ma alla cittadinanza. Era una cosa piuttosto innovativa per noi, perché il Politecnico non aveva mai organizzato un festival: abbiamo sempre organizzatoincontri, conferenze scientifiche (anche molto grandi), presentazioni, seminari, ma un festival era una cosa diversa. Eletto il nuovo Rettore, Guido Saracco, ed assunto io il ruolo di suo vice per la Cultura e la Comunicazione, abbiamo iniziato con Luca De Biase, co-curatore del Festival e giornalista del Sole24Ore, a trasformare questa idea in un progetto concreto. Abbiamo iniziato ad analizzare il panorama dell’offerta in Italia nell’ambito dei festival e abbiamo confermato la nostra impressione che non esisteva un vero e proprio Festival della Tecnologia col taglio che avevamo in mente noi. In particolare l’idea era quella di offrire un Festival dedicato al rapporto tra Tecnologia e Società.
IL PRIMO FESTIVAL DELLA TECONOLOGIA
Vi sono molte iniziative dedicate all’innovazione, alla tecnologia in quanto tale, ma non vi era un momento in cui ci si potesse confrontare tra tecnologi, umanisti e scienziati sociali (e magari anche artisti, decisori politici, teologi, ecc.) per riflettere sull’argomento a 360 gradi.
Alla fine abbiamo disegnato un programma di quattro giorni fatto da 160 incontri, con sessioni parallele che hanno raggiunto anche gli 8-10 eventi in contemporanea, inaugurato dalla lezione del Premio Nobel Joseph Stiglitz. Pur essendo un’iniziativa del Politecnico per il suo anniversario, abbiamo puntato molto sulle collaborazioni con enti ed istituzioni del territorio: Città Metropolitana, Regione e Ministeri, gli attori culturali quali il Museo Egizio, il Museo dell’Automobile, il Circolo dei Lettori, tutti gli Atenei piemontesi, etc… Alla fine ci siamo ritrovati con una cinquantina di partnership. Questo ci ha permesso di offrire un programma molto ricco e vario e di articolare l’evento come un vero e proprio Festival, con mostre, concerti, spettacoli teatrali, laboratori per i bambini, pillole di tecnologia offerte dai nostri dottorandi e altro ancora. Abbiamo inoltre integrato vari “linguaggi” quali il linguaggio artistico, il linguaggio musicale e teatrale, quello cinematografico e documentaristico, affrontando il tema della tecnologia da molti punti di vista.
La tempistica inoltre è stata molto importante: l’evento si è svolto a metà novembre a lezioni del Politecnico già iniziate, subito dopo la settimana dell’Arte Contemporanea e poco prima del Torino Film Festival. Siamo riusciti ad integrare eventi comuni con queste due iniziative, una sorta di filo rosso: ad esempio con il Festival del Cinema abbiamo organizzato alla Mole Antonelliana una molto apprezzata “notte dell’horror tecnologico”.
Circa 50.000 persone hanno complessivamente partecipato alla nostra iniziativa, di cui circa 15.000 studenti. Al termine siamo stati veramente felici diannunciare che, visto il grande successo, l’iniziativa si sarebbe ripetuta in futuro, prendendo il nome di Biennale Tecnologia, in dialogo vero e forte con la Biennale Democrazia, altro grande evento della città di Torino. Ripartiremo già nel novembre 2020 con la prima edizione di Biennale Tecnologia.
Quali sono i punti di eccellenza oggi del Politecnico di Torino ed il suo posizionamento internazionale, visto il lento declino della presenza dell’automotive e la crescita di nuovi settori come il Finance?
Il Politecnico di Torino si posiziona nella fascia medio-alta delle classifiche internazionali, con numerose punte di eccellenza. Più in generale il Politecnico, come tante università italiane, paga lo scotto di essere fortemente sotto-finanziato. Se confrontiamo ad esempio i budget delle università tecniche svizzere quali Losanna o Zurigo, ci accorgiamo che queste godono di un budget quattro o cinque volte superiore a noi con meno studenti. Nonostante ciò, come detto, il Politecnico ed il sistema universitario italiano si riescono a posizionare sistematicamente ad un livello molto alto sia per pubblicazioni scientifiche che per qualità dei laureati, tenendo testa a nazioni quali Francia, Germania e Regno Unito, nonostante ricevano finanziamenti chesono una frazione di quelli ricevuti dalle Università delle nazioni che ho appena citato. Sull’argomento nel 2017 ho scritto un libro per Codice edizioni (“Università Futura, tra democrazia e Bit”- n.d.r.)
Parliamo di Intelligenza Artificiale. Come vede lo sviluppo dell’A.I. da qui a 10-20 anni? I Robot ci porteranno via il lavoro? E cosa dobbiamo fare per evitare che ciò avvenga?
Innanzitutto notiamo che l’espressione “Intelligenza Artificiale” – che a mio avviso, lo dico con un pizzico di spirito provocatorio, dovremmo avere l’ardire di abolire – è un po’ troppo “seducente” perché fin dalla sua coniazione nel 1956 usa un termine scivoloso e complesso come intelligenza. In realtà molto spesso oggi i politici, non solo italiani, dicono “Intelligenza Artificiale” ma più o meno consciamente fanno solo riferimento alla “rivoluzione digitale”, trasformazione tecnologica che va sicuramente attentamente e intelligentemente coltivata. Se invece parliamo veramente di “Intelligenza Artificiale”, ritengo che in questo momento siamo di fronte a un fenomeno che, oltre alla sostanza, ha anche alcune caratteristiche tipiche delle “bolle”. Moltissime aziende, infatti, promettono “mari e monti” sotto l’etichetta A.I., ma queste promesse in alcuni ambiti non si sono ancora realizzate ed aggiungo che, in certi ambiti, non si realizzeranno probabilmente mai. È necessario quindi investire nel digitale, in modo corretto, e tenendo ben saldi i piedi per terra, senza farsi prendere troppo dalle mode del momento. Riguardo al Futuro del Lavoro, sono più di duecento anni che ci preoccupiamo del fatto che le macchine possano portare via il lavoro all’uomo, preoccupazione tutt’altro che infondata, anche se occorre in questo caso rimanere coi piedi per terra ed evitare gli attacchi di panico. Quello di cui dobbiamo preoccuparci, invece, è quali azioni dobbiamo intraprendere per proteggere le persone e per aiutarle a trovare un nuovo lavoro in caso di disoccupazione, dove per lavoro intendo occupazioni socialmente utili. Su questo argomento mi fa piacere ricordare un bellissimo articolo di Federico Caffè scritto nel 1967, quando sembrava che le “macchine” avrebbero a breve privato l’uomo del lavoro e che riletto oggi è sempre di grande attualità, “Gli aspetti sociali dell’automazione”.
Perché i tempi di questa rivoluzione sembrano essere sempre più rapidi? Alcune realtà Tech si muovono in territori inesplorati dove le regole non esistono, accumulando vantaggi competitivi enormi, salvo poi essere fermate o rallentate dal legislatore o dallo stesso mercato. Penso a Uber o ad alcune Fintech.
Gli esempi li abbiamo sempre sotto i nostri occhi. In questi giorni ad Amsterdam il governo cittadino sta modificando in modo più stringente le normative relative all’acquisto di immobili destinati di fatto ad essere poi posti in affitto su AirBnb. Vi sono alcune città che sono state stravolte dalla presenza degli affitti a breve termine, con interi quartieri in cui le persone non “vivono” più e zone della città che sembrano sempre più una Disneyland che una città. Riguardo alla velocità della rivoluzione tecnologica la percezione è spesso esagera ta, un’esagerazione prodotta dai media e, spesso, dalle imprese. Un buon antidoto è quello di vedere concretamente ciò di cui disponiamo oggi; un grande studioso della tecnologia, David Noble, la chiamava “la tecnologia del presente”.
Io mi concentrerei nel distinguere tra ciò che è “bolla” e ciò che è reale. Tra ciò che può portare veramente ad un beneficio comune e di massa e ciò che invece avvantaggia solamente qualche grande società o qualche singolo. È un ambito dove i tecnici possono dare il loro contribuito perché sono in grado di offrire una serie di alternative tra le quali potremmo idealmente scegliere democraticamente.
Quali sono gli skill che dovrebbero acquisire i giovani che fra qualche anno accederanno al mondo del lavoro?
Il mondo dell’industria e del lavoro cambiano troppo rapidamente, quindi non è saggio seguire troppo da vicino le esigenze minute di uno specifico momento storico. Meglio adottare una visione più a lungo termine, con una solida formazione di base che possa declinarsi nei mille, imprevedibili modi che saranno necessari per il futuro. Non bisogna inoltre dimenticare che, anche negli ambiti più tecnici, l’Università – soprattutto se pubblica – non serve solamente a preparare al mondo del lavoro, ma anche a formare una persona completa, che riesca ad esprimere la sua personalità e che sia un buon cittadino. Tra l’altro è mia convinzione che un’Università che si prende cura dei suoi studenti anche in quanto persone e cittadini, e non solo in quanto futuri lavoratori, finirà per favorire la formazione di lavoratori che saranno anche più intelligenti, più flessibili, più autonomi e più creativi rispetto ad una formazione strettamente professionalizzante.